By Antonella
Scritto a Lajes do Pico ( 38° 39' N 28° 23' W ) dal 1° ottobre al 3 ottobre 2020
Pico è l’isola geologicamente più giovane dell’arcipelago e con il suo vulcano, che è il rilievo più alto del Portogallo, si distingue dal paesaggio delle altre isole per l’abbondante presenza di zone di lava solidificata ed una delle isole che non avevamo ancora visitato.
Siamo arrivati a Lajes do Pico, uno dei 3 comuni dell’isola omonima, alle 14 del 29 settembre, la prima navigazione dopo tanto tempo.
A Lajes do Pico c’è l’unico marina dell’isola, situato sulla
costa meridionale e aperto ai venti di SW. Lajes significa
lastricato e il porto è stato creato da una laguna in mezzo a rocce
vulcaniche affioranti e per accedere al
piccolo bacino portuale bisogna seguire il canale segnalato dalle boe.
La vista del paese è deliziosa, piccole casette bianche e nere con gli infissi
colorati e intorno il profilo della montagna con i crateri, ricoperta da una
vegetazione rigogliosa che contrasta con le rocce nere che si stagliano sul mare.
Il porto è piccolo con pochi posti barca occupati perlopiù da barche locali.
Alcune barche a vela sembrano abbandonate, in realtà si scopre che sono in
riparazione sempre da gente del posto.
Al VHF Angelo chiama in inglese e non risponde nessuno. Allora decidiamo di
telefonare e risponde un signore che preferisce parlare in portoghese, ma il
marinaio che ci prende le cime parla un buon inglese, che dice di aver imparato
con i videogames (?!).
Non ci sono molti velisti e i pochi che ci sono – tra cui noi - si distinguono
benissimo dai locali. Questa è una particolarità delle Azzorre, ma forse anche
di altri luoghi remoti e isolati e cioè che ci si sente inequivocabilmente
stranieri, in particolare ci si riconosce tra velisti. Si è riconoscibile a
distanza tant’è che tutti si rivolgono a noi in inglese direttamente ( molti
azoregni sono emigrati o hanno lavorato negli Stati Uniti) ma c’è anche da dire
che ci sentiamo stranieri anche in Italia, tant’è che ci capita anche in Italia
che ci prendono per stranieri rivolgendosi a noi in inglese..
Insieme a noi dopo
poco sono arrivate altre due barche a vela di cui una olandese. Passeggiando
abbiamo incontrato l’equipaggio –come dicevo ci si riconosce a distanza - una
coppia. Ci si riconosce dal cappello a larghe falde, dai sandali e dallo
zainetto e dall’aria un po’ trasandata e sperduta, ci si scambia informazioni
su ormeggi e ancoraggi, meteo, programmi di navigazione, prezzi dei marina,
etc. etc.
IL 1° ottobre noleggiamo una macchina e facciamo il giro dell’isola. Il
paesaggio è veramente eccezionale e in giro c’è pochissima gente, quasi
nessuno.
Pico, più delle altre isole dell’arcipelago è stata un’isola di balenieri. Questa attività è stata introdotta dagli americani nel XVIII sec. Spinti in queste acque alla ricerca di prede dopo aver saccheggiato le loro coste. Gli azoregni hanno imparato presto e hanno modificato il modello delle barche baleniere rendendole più leggere e veloci rispetto a quelle americane. Le balene, i capodogli (cachalote) in particolare, venivano utilizzate in toto, ma soprattutto per l’olio che per ben due secoli ha illuminato le grandi metropoli. Ma l’economia primaria dell’isola era l’agricoltura, in particolare la coltivazione delle vigne che sono state devastate circa a metà del XX secolo dalla fillossera e dal mal bianco causando povertà e emigrazione. La vita degli isolani è stata dura e c’è stato un grande flusso migratorio nel continente americano. Strappare la terra alla roccia basaltica, il pericolo delle eruzioni, del mare, l’isolamento, hanno temprato questa gente e rafforzato il culto religioso espresso attraverso le feste e le processioni tra le più importanti quella dello Spirito Santo e la processione della Madonna di Lourdes. Davanti all’ingresso di ogni porto c’è una chiesa, in ogni strada o borgo c’è un Imperio, piccola cappella per la celebrazione dello Spirito Santo.
Il piccolo ma ben fatto museo dei balenieri rende bene la vita e la storia di questo luogo, grazie anche a un filmato realizzato negli anni settanta da un inglese sulla caccia alla balena, contribuendo ad aumentare il fascino selvaggio di queste isole.
Vista verso Ovest
l'ingresso del porto vecchio e sullo sfondo le due rocce chiamate "In piedi" e "Sdraiato" resti di un cratere e dietro l'isola di Faial.
SIBIL lo stabilimento di lavorazione delle balene trasformato in museo ma chiuso per i danni dell'uragano Lorenzo dello scorso anno.
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