By Angelo
Foto Antonella
Dopo aver raggiunto i 60º 46. 57 di latitudine nord in Norvegia, ci si ponevano diversi interrogativi,
uno di questi era se continuare verso nord o no.
Il continuare verso nord
e verso le Lofoten, dopo aver sentito i racconti dell’orrore di chi ci era
stato, vedi migliaia di persone trasportate da navi da crociera, centinaia di
camper, decine e decine di persone trasportate giornalmente dalla vicina Bodoe, senza contare gli innumerevoli velisti stranieri che avevamo incontrato con
l’unico obbiettivo di raggiungere l’ex paradiso perduto ormai diventato solo
merce commerciale, a quel punto ci siamo detti: “ma noi che ci andiamo a fare in
quel bordello ?”
Probabilmente bisogna
andarci fuori stagione, o addirittura d’inverno.
L’andare poi così a
nord comporterebbe anche dover lasciare la barca per i 7 mesi invernali in qualche
marina al freddo e al gelo, anche qui dal racconto di un Ovnista francese che
aveva lasciato la barca in secco, tornato dopo 7 mesi con antenna vhf
scardinata da qualche tempesta, estraendo anche il cavo che arrotolandosi gli
aveva fatto fuori sensore del vento, luci di navigazione e tutto il resto che
gli veniva sottomano, trovata la barca con 200 litri di acqua all’interno, mi
ha spiegato la dinamica, ma non ci ho capito molto, comunque questi sono i
rischi di lasciare la barca in secco fuori.
L’alternativa sarebbe stata metterla all’interno disalberando, ma a parte la fucilata del costo c’è il
problema che tutti i vari cantieri sono pieni a tappo da anni ed è molto
difficile trovare posto all’interno.
A parte il serio rischio
di danneggiare la barca, noi non abbiamo mai lasciato la barca da qualche parte
se non per un mese, mai per così lungo tempo, anche perché ci siamo davvero
affezionati e anche durante l’inverno ci piace averla vicino per navigarci e fare manutenzione.
Per qualche tempo
avevamo pensato all' eventualità di attraversare sulle Shetland per poi
tornare via Scozia ecc.
Nelle due settimane in
cui pensavamo ad un crossing ci sono stati treni di basse pressioni risalenti
la costa ovest UK che ce ne hanno fatto passare la voglia.
Non per ultimo sono
praticamente 5 mesi che navighiamo nel nord, cosa non facile e impegnativa e
forse per l’età, ma cominciamo a sentire la stanchezza, fermo restando che il
nostro target era di arrivare e visitare il sud della Norvegia desiderata da svariati
anni, e lo abbiamo raggiunto in pieno.
Onestamente ci è piaciuta, ma non ci ha impressionato, a parte il primo impatto molto bello a vedere
tutti sti posti con le casine ecc. dopo un po’ abbiamo
realizzato che su 5 milioni di norvegesi, questi hanno come minimo 8 milioni
di doppie case spargugliate dappertutto, quindi anche in posti remoti ci si trova
sempre con qualche casa con annesso motoscafino tra i piedi. Naturalmente dove ci
sono case servono strade, ponti, cavi elettrici, traghetti ecc. e come minimo 6 milioni di motoscafini che se ne vanno sempre in giro a rompere i
gabasisi.
Diciamo che preferiamo posti un po’ più selvaggi, naturalmente anche il meteo non aiuta, un giorno di sole e una settimana di pioggia o nuvolo.
Si trovano pontili e piccole marine a
pagamento a poco prezzo un po’ dappertutto, gli ancoraggi non sono così semplici, di
solito sono profondi e sempre con rocce intorno. È vero che hanno anche
degli anelli sulle rocce dove, previa calata dell’ancora a poppa ci si può ormeggiare di prua, ma funziona solo in baie bullet proof, per nostra
esperienza in caso di vento trasversale si è nei pasticci, naturalmente le
baie bullet proof normalmente sono già piene da norvegesi che passeranno
tranquillamente molti giorni all'ormeggio.
Dopo questo pippone e
dopo due mesi di navigazione in Norvegia, alla fine ci siamo convinti che era
ora di tornare, visto che avremo almeno altri due mesi di navigazione non
facile, considerando il canale della Manica, la Normandia e la Bretagna.
E così abbiamo ripreso
la via verso sud passando dalla selvaggia e complicata costa della Danimarca,
anche se ci continuano a dire che quella “giusta” è la costa est, a noi piace
molto la ovest, dove sono stati ricavati dei mini marina rustici in grandi
porti pescherecci e centinaia e centinaia di spiagge infinite. Ci sembra di vedere e scoprire di più la vera Danimarca, quando avremo tempo poi faremo con calma la costa est e la Svezia.
Riassumendo dai 60º 46.9537 N 004º 42.7334 E
25 giugno. Da Fedje a Uttoska 13 miglia
60º 39.3483 N 004º 56.4767 E
Decidiamo di spostarci
un po’ verso sud, visto che le previsioni meteo sono pessime e di traversare
sulle Shetland non è proprio allettante.
Decidiamo una tappa
breve se pur con vento alle portanti, abbiamo letto di questa baia, osannata
con dei bei percorsi a piedi, cosa che ci attira.
Arriviamo all’imbocco
dell’entrata, e districarsi tra sti scoglietti non è proprio cosa semplice,
considerando che il vento ci disturba.
Arriviamo alla baia
finale e vediamo che in fondo c’è un piccolo moletto con già un motoschifo
ormeggiato, pensiamo di andargli di poppa e ormeggiarci all’inglese.
Purtroppo il vento ci
spinge lontano dal pontile e la manovra non riesce, o meglio riuscirebbe se
quel energumeno del motoscafaro al posto di godersi la scena al calduccio fosse venuto a prenderci una cima, ma ormai siamo abituati, in Norvegia non
fa’ parte dell’etichetta del navigatore aiutare agli ormeggi. Vabbè, niente di grave,
ce ne andiamo al centro della baia e caliamo l’ancora, anche con 18/19 nodi di
vento la Rocna non fa’ una piega.
A terra vicino al
pontile c’è un capanno con delle indicazioni, scendiamo col dinghy, sperando
in qualche cartina esplicativa, visto che questo fa’ parte del parco nazionale. Non c’eè una beneamata
fava, ci sono i soliti recinti per le pecore e vediamo una scaletta per
scavalcarli.
Passiamo di là ma non
c’è nessun sentiero, solo fondo molto soffice dove se non si sta’ attenti si
affonda fino alla caviglia nell’acqua.
Saltellando qua e là per non inzupparci riusciamo a fare un paio di chilometri scarsi, poi gliela diamo su e ce ne torniamo in barca; mica tanto organizzati con sti sentieri.
Uttoska, il pontile e il capanno con l'area picnic
Uttoska, qui si vede il terreno che circonda la baia
26 giugno. Da Uttoska a Herdla 8 miglia
60º 34.0944 N 004º 57.3491 E
Tappa breve per il meteo
sempre discutibile, almeno nella pioggerella c’è vento sempre da nord ovest e
in un attimo siamo a Herdla.
Dietro di noi un mini
barchino di un ragazzo inglese.
Eppure qualcuno naviga ancora con coraggio e/o
incoscienza, ma con tanta passione.
Abbiamo conosciuto
Matthew, un ragazzo inglese giovane simpatico e solare nel piccolo
porticciolo rustico di Herdla poco sopra Bergen. Porticciolo rustico di
quelli che ci si ormeggia gratis al molo di cemento con copertoni da camion
come parabordi e per fortuna solo 1.5 metri di marea, per noi una bella asse
davanti ai nostri parabordi per non essere risucchiati all’interno del
copertone.
Matthew ha un barchino di
26 piedi comprato 5 anni fa’ da un amico del nonno in Danimarca per 500 euro. Dopo avergli sostituito
le vele, non molto altro da farci se non navigare nel grandissimo
frastagliamento di isole tra Svezia Danimarca e Norvegia.
Il barchino è del 1968,
ma tenuto bene, una lunga lista di quello che non ha e una corta lista di
quello che ha.
Non ha : AIS, radio VHFfisso o portatile, motore,
zattera di salvataggio, un cartografico, uno spray hood, rullafiocco, le
draglie, un autopilota.
Quello che ha: 3 ancore di cui un' ottima Rocna da 10 kg, un telefono con dentro la
cartografia, che con un velcro attacca
dove serve, un importante timer che gli
permette di fare turni di 15 minuti; come ausilio al timone sistema le scotte
delle vele sulla barra con un elastico e a sua detta tiene molto bene la rotta,
un piccolissimo pannello solare con una piccola batteria che serve ad
alimentare il telefonino e le luci di navigazione. Randa e fiocco ingarrocciato,
più una trinchetta.
Dopo aver passato 5 anni
nel freddo e gironzolando in Scandinavia, è arrivato alla conclusione che con
quel barchino è meglio andare nel caldo.
E così si prepara ad
attraversare sulle Shetland, per poi scendere via Scozia, attraversare il
canale della Manica e stando molto largo in Atlantico fare una diretta
dall’Inghilterra alla Corugna.
Abbiamo notato in questi
giorni che, con l’occasione di una amica che lo era venuto a trovare, non ha
nessuna difficoltà a partire dal molo e tornarci a vela, ma altra storia
navigare in mare aperto, con una barca con bordo così basso. Lui sembra ben deciso
e tranquillo con il suo low budget, il suo maglione che ha visto tempi
migliori, sempre in giro con degli stivaloni di gomma, insomma quasi una figura
mitica in questi tempi di super consumismo, con barche sempre più grandi con sempre meno gente a
bordo, sempre più parcheggiate in qualche marina, aggiungendo sempre più pici
poci più o meno inutili, per essere poi rimirati per le 50 settimane che non
navigano e apprezzati per quelle scarne due settimane all’anno smotorando in
qua e in la.
Per capire un po’ meglio
va’ inquadrato anche il contesto di navigazione, stiamo parlando di navigazioni
a 60 gradi latitudine nord, nel Mar del Nord, che pur essendo ufficialmente
estate ha temperature giornaliere di 14, 15 gradi che crollano a 6, 7 gradi appena
entrano venti dai settori nord.
Pur pensando che non
sarei capace di andare in giro in quella maniera, almeno non ora e alla mia
età, forse alla sua età sembra piu’ interessante e possibile.
In definitiva, non posso
fare a meno di ammirarlo per la semplicità e l’entrare in sintonia
profondamente con questo grande mare
spazzato dai venti, sempre però con grande rispetto e cautela.
L’isola anche se piovosa
all’inverosimile è bella, con passeggiate sulle strade per fortuna semideserte.
La barca di Matthew
VAYU II la barca di Matthew
Herdla, la honesty box
Herdla, il museo della WWII e dell'occupazione tedesca

Il porticciolo militare
29 giugno. Da Herdla a Strusshamn 18 miglia
60º 24.0169 N 005º 12.5403 E
L’idea era di scendere
dall’Herdlefjorden, passare davanti a Bergen, non fermarsi per non incorrere
nei soliti diecimila turisti della cruising ship e continuare verso sud.
Ma non era cosa, dopo un
oretta che eravamo partiti, masticando un pezzo di pane il dente che era stato
riparato provvisoriamente a Le Havre, ha deciso che era arrivato al capolinea a
e se ne è spezzato la metà, per fortuna senza dolore. Abbiamo quindi deciso di
non andare ad ormeggiarci nel girone infernale di Bergen, ma trovare posto in un
piccolo marina nell’isola di fronte, ben collegata con Bergen dai mezzi.
Troviamo posto nel
piccolo marina tra i locals che si godono le ferie cominciate a mid summer con la chiusura delle scuole.
Riusciamo a fissare un
appuntamento con una clinica dentale internazionale a Bergen per il giorno
dopo, anche perché le cliniche locali ci avevano dato tutte picche, non so se per
una chiusura totale allo straniero o forse semplicemente non si fanno dei gran
soldi riparando temporaneamente un dente.
La mattina prendiamo
l’autobus che ci porta al terminal del traghetto e con lo stesso biglietto ci
facciamo traghettare a Bergen.
Ho usato il termine
traghettare perché mi é venuto in mente Caronte quando traghetta Dante
all’inferno, e così è quando sbarchiamo.
Non essendo i ristoranti
norvegesi proprio popolari e in più hanno dei prezzi inavvicinabili, facciamo
un breve spuntino in un pub Irlandese con tanto di musica dal vivo e con una bella Guinness e una quiche Lorraine, non esattamente un pranzo norvegese ma di sicuro molto gustato.
Nella clinica
internazionale ci sono solo dentisti e dentiste entrati probabilmente come
rifugiati, che ora operano come dentisti…sperema ben. Joseph è un palestinese
di Nazaret, speriamo bene. In 10 minuti fa’ il
lavoro di cementazione, speriamo che duri fino almeno al ritorno a casa.
Ci visitiamo un po’
Bergen, ma a parte il porto con i moli in cemento con ruote da camion dove
va ad ormeggiarsi tutto il tipo di naviglio, dalle navi da crociera, ai
supply dei pozzi petroliferi, ai traghetti e dulcis in fundo, le barche a vela,
miiii. Che marina delizioso, per fortuna ce ne siamo rimasti a Strusshamn.
Il pub irlandese con i musicisti
Bergen. Gli antichi edifici della Lega Anseatica, lega commerciale delle città dell'Europa settentrionale e del Mar Baltico nel medioevo.
1 luglio 2025 Da Strusshamn a Brandasund 35 miglia
59º 53.7218 N 005º 05.5166 E
A Strusshamn abbiamo
conosciuto Pierre e Miriam con un Ovni 385 e andando anche loro verso sud si è deciso di muoverci di conserva insieme.
Partiamo quasi alla
stessa ora, poco vento e ci si aiuta con il motore. Ad un certo punto loro ci
superano, ci teniamo in contatto con il vhf e con il telefono. Loro prendono la
decisione di fermarsi per la notte a Bekkiarvik, noi decidiamo di proseguire
altre 13 miglia fino a Brandasund per trovarci l’indomani finalmente in mare
aperto e finalmente navigare.
Le ultime due ore il
vento sale e rinforza, l’ingresso a Brandasund passa sotto un ponte e cavi alta
tensione alti 24 metri e una gran strettoia che aumenta l’intensità del vento. Arriviamo ai due pontili
mezzi scassati di Brandasund, sembra un posto proveniente dal passato, con il
negozio di alimentari con sopra l’abitazione del gestore, un vecchietto con
il suo bel maglione norvegese attorniato da due bei gattoni rossi.
La sosta troppo presto di Pierre e Miriam, circa 13 miglia prima di
noi, in qualche maniera li farà gradualmente perdere acqua nei nostri
confronti fino a trovarsi in sistema meteo diversi e rimarranno indietro
centinaia di miglia. Qua quando c’è il
vento giusto bisogna pedalare, pedalare e pedalare, ci si ferma quando il vento
gira sul naso.
Pollen, l'altro Ovni francese che parte insieme a noi
Ingresso a Brandasund

2 luglio 2025 Brandasund to Skudeneshavn, 56 miglia
59º 08.7110 N 005º 15.4903 E
Tappa lunghetta, ma
abbiamo un gran bel vento alle portanti e dulcis in fundo, finalmente torniamo
a navigare in oceano e non più a ridosso da sti montagnoni, che sì, ridossano
dal mare, ma deflettendo il vento non ci si capisce mai una mazza.
Usciamo dal fiordo e ci
attendono 2 metri di onda, non subito facile all’inizio, si fa’ presto a
perdere l’abitudine, ma dopo un po’ ci si abitua al ritmo.
Il vento picchia dal
gran lasco forza 5-6 con punte a 7, si va’ di solo genoa, su di deriva e si
vola, il sole ci assiste per una buona parte.
Prima dell’arrivo a
Skudeneshavn arrivano raffiche rabbiose anche a 30 nodi, riduciamo un po’ e piano
piano andiamo a ridosso.
Entriamo in quella che
pomposamente viene anche chiamata Venezia della Norvegia, il lungo canale e
arriviamo in fondo dove c’è un piccolo bacino per le barche visitors.
Ma dopo Mid Summer i
norvegesi sono fuori in forze, tre quarti motoscafoni e un paio di barche a
vela, fino a tre in andana, non fa’ per noi, sembra di entrare in un ovile.
Ce ne torniamo indietro
lungo il canale guardando se c’è qualche possibilità anche contro i
copertoni, ma è tutto ballonato.
Mi viene però in mente
che all’entrata, nell’altro bacino avevo visto un pontile galleggiante con
colonnine elettriche, detto fatto, attraversiamo un altro bacino e ci andiamo ad
ormeggiare contro vento al pontile semideserto. Proprio vero che la
gente va’ dove c’è la gente…per fortuna per noi, così possiamo trovare queste
piccole perle. Pagamento con la honesty
box, acqua e luce ai 21 euro canonici.
La spiaggia a Skudeneshavn
3 luglio 2025 Da Skudeneshavn to Rausvagen 55 miglia
58º 25.9572 N 005º 54.2772 E
Da Skudeneshavn il vento ci
da’ ancora buono alle portanti, filiamo tutto il giorno per poi rallentare
verso il pomeriggio con prove di issata gennaker, che però con raffiche a
24-25 di apparente ci hanno fatto ammainare e continuare con solo genoa.
Abbiamo trovato una baia
per ancorarci, non abbiamo idea di come sia, entriamo da uno stretto passaggio
e la baia anche se piccola è molto bella, a parte la solita sfilza di casette
su rocce e motoscafini annessi.
4 luglio 2025 Rausvagen to Farsund 43 miglia
58º 05.4029 N 006º 48.5126 E
Sono ormai 4 giorni che pedaliamo, abbiamo bisogno di una piccola tregua e di fare provviste, un po’ di gasolio e una lavatrice, decidiamo quindi di fermarci al piccolo marina di Farsund che conosciamo per esserci stati all’andata ed ha tutti i requisiti per quello che dobbiamo fare.
6 luglio 2025 Da Farsund alla baia di Skernoy 35 miglia
57º 59.7402 N 007º 32.7109 E
Fermi il 5 luglio ma
mica tanto riposati, considerando anche che ha piovuto praticamente tutto il
giorno e fare spesa, lavanderia e gasolio sotto l’acqua non è che sia proprio
riposante.
Volevamo andare ad
ancorare nella baia di Skernoy, dove le indicazioni davano fondo da 10 metri, ma
arrivati lì il fondo da 10 metri era solo a 5 metri da riva, se no bisognava
stare nei 20 metri probabilmente con fondo roccioso, insomma una ciofeca con
anche indicazioni sbagliate.
Ci riduciamo a tornare
indietro contro vento per 6, 7 miglia fino ad una baia aperta sotto Mandal, ma
almeno fondo di 4.5 metri sabbioso.
Capo Lindenes
Tramonto all'ancora
7 luglio. Dalla baia sotto Mandal alla baia di Flekkeroy 24
miglia
58º 04.7944 N 008º 00.3045 E
Vento a favore, che ci permette
di fare bene le 24 miglia.
Anche qui le
informazioni sui diversi ancoraggi dell’isola di Flekkeroeya, sono molto
aleatorie e abbastanza inventate, ci infiliamo in uno stretto passaggio per
trovarci in una mini baia con gran traffico di motoscafi di ogni fattezza, 23
metri di fondo, dove a dare le canoniche 3 lunghezze di catene minima si
finisce direttamente a rocce.
Proviamo altri due posti
sempre osannati, ma non ce n'è, alla fine ci ridurremo ad ancoraggi davanti
alla marea di pontili privati dietro un isolotto in 10 metri, all’issata di
ancora la mattina, un' accozzaglia di pezzi di ferro gomma ecc, tant'e’ che per
un attimo mi era preso un accidente e pensavo di aver beccato un cavo immerso,
che da queste parti tra cavi elettrici, cavi internet, pipe line, riducono
drasticamente i vari posti dove si può ancorare.
8 luglio 2025 Flekkeroy to Hanstholm 60 miglia
57º 07.2673 N 008º 35.8082 E
Buon vento da nord est forza 5-6, purtroppo mare a seguire onda da 1.5 a 3 metri al traverso, via che si va’, la giornata è gloriosa sole splendente, randa piena e fiocco a filare.
Giusto al confine virtuale delle acque territoriali tra Norvegia e Danimarca veniamo circondati da un branco di delfini, molto grandi che ci accompagnano per almeno un quarto d'ora con salti acrobatici, uno spettacolo molto gradito che ci fa dimenticare delle fatiche.
Arriviamo all’immenso
porto di Hanstholm, forse uno dei più grossi porti pescherecci della Danimarca con i
suoi 6 bacini di ormeggio.
Non ha nessuna struttura
per barche da diporto, solo enormi moli con gomme da camion come parabordi.
Telefoniamo il giorno
prima all’Harbour master e gentilissimo ci dice che siamo i benvenuti e che ci
possiamo ormeggiare dove troviamo posto dentro al bacino N.6. Che bella la Danimarca,
che quando chiami qualcuno al telefono risponde con gentilezza.
Filiamo come treni, ma
al centro del crossing le onde aumentano di altezza, si arriva tranquillamente
ai 3 metri e forse più, siamo un po’ preoccupati, considerando l’equazione che
un' onda al traverso alta un terzo della lunghezza della barca potrebbe farla
scuffiare, cominciamo ad avvicinarci troppo a quel limite.
Arriviamo in prossimità degli enormi moli e il mare spinge, anche se l’entrata è larga, è difficile
tenere la barca in linea, controllando anche il vario traffico in e out degli
enormi pescherecci d’altura.
Sballottati riusciamo ad
infilare i due moli esterni più grandi per poi infilarci nei due moli più piccoli ed entrare nella calma totale di mare, ma non di vento che continua a
buffare.
Chiamiamo
l’Harbourmaster sul canale 12 e ci da’ il benvenuto dirigendoci al bacino
N.6.
Troviamo un buco tra due
pescherecci, ci avviciniamo all’enorme molo con prua al vento e con tutti i
parabordi sulla dritta compreso il grosso parabordo a palla residuo della
Patagonia, per non strisciare troppo sui copertoni.
Arriviamo giusti, scendo
al volo usando come scaletta un copertone, fisso la cima di prua e siamo fermi
poi con calma gli spring e la poppa.
Non c’è acqua e luce,
ma chi se ne frega, siamo qui per una notte ed è gratis.
Saremo un po’ strani, ma a noi questi posti piacciono, una ragione in più che abbiamo scelto la costa ovest della Danimarca al posto di quella est.
9 luglio 2025 Hanstholm to Thyboron 30 miglia
56º 41.7627 N 008º 13.3395 E
Abbiamo ancora vento di
prua e siamo incastrati tra due pescherecci, uno a prua e uno a poppa, poco
male, mettiamo uno spring a prua, motore avanti con timone a dritta e la poppa
si allontana dal molo e siamo fuori dal buco, appena metto la marcia indietro,
Antonella molla il doppino di prua e siamo fuori.
Il mare per fortuna si è dato una calmata, il vento è girato da ovest forza 4-5 noi scendiamo per
circa 180 gradi, su di randa e genoa e comincia la bolina a ferro.
Stiamo paralleli alla
costa, i fondali sono bassi, noi stiamo sui 10-12 metri, praticamente vediamo
bene la gente in spiaggia.
Quando siamo così stretti di bolina, l’autopilota fa’ fatica, perché avendo delle variazioni di
6-7 gradi per bordo tende sempre ad orzare e sventare per poi poggiare ecc..
ma non è che faccia bene alla navigazione. Allora entra in gioco
SuperAntonella, la timoniera senza frontiere.
A dir la verità, un po’
per il vento freschino e siamo un po’ stanchi facciamo turni di un oretta
ciascuno, cercando di non finire in spiaggia. Alla fine è anche
piacevole, catturare il vento e cercare di non andare a raccogliere la sabbia
in spiaggia.
Non essendoci stati ed
avendo visto il porto prima, anche Thyboron è un grande porto peschereccio,
però leggiamo che l’ultimo bacino è riservato per barche da diporto.
Arriviamo al bacino e si
sono organizzati con delle briccole in
legno collegate a terra da delle funi, in maniera che chi va’ all’ormeggio una
volta infilate le briccole appoggiandosi alle funi non finisce addosso alle
altre barche.
I posti sono stati
pensati per grandi barche almeno da 17- 18 metri, ciò significa che le
briccole sono molto distanti dal molo di cemento.
Bisogna infilarsi, far
passare le due cime di poppa nelle briccole e poi piano piano arrivare con la
prua al molo per ormeggiarsi con le cime di prua alle bitte a terra.
Naturalmente abbiamo
vento laterale sui 17-18 nodi, entriamo, riesco a mettere le cime di poppa, ma
in quel momento perdiamo l’abbrivio e la barca si appoggia alla cima di dritta.
Per fortuna i danesi
sono un po’ più gentili dei norvegesi e il vicino scatta sul molo, gli lancio
la cima di prua sopravento, la fissa alla bitta e in un attimo ci tiriamo
verso il molo, poi con calma sistemiamo tutte le cime. Pagamento sempre via
applicazione, luce inclusa, una volta pagato alla macchinetta rilascia un
adesivo con la data da applicare al pulpito di prua.
Intorno al bacino si
sono organizzati con qualche ristorantino e gelaterie, siamo affamati dalla
lunga giornata di bolina, scendiamo con ancora tutto che ci gira, ci dirigiamo
verso un bel posto alla buona dove cucinano pesce, due fish and chips, due
pinte di Tuborg e la vita ci torna a sorridere.
Ormeggio a Thyboron
I contenitori dei rifiuti a Thyboron
11 luglio 2025 Thyboron to Hvide Sande 42 miglia
56º 00.0910 N 008º 07.5989 E
Poco vento forza 2,
corrente a favore e ci si aiuta con il motore.
Ci è piaciuto molto
Thyboron con la sua integrazione di un piccolo marina dentro un enorme porto
peschereccio, non sappiamo cosa aspettarci dal prossimo porto Hvide Sande,
altro grosso porto peschereccio e commerciale, con inclusa una diga che se
aperta da' accesso ad un grande lago.
Le poche informazioni
che riusciamo a trovare ci indicano come approdo il bacino a dritta verso
ovest, entriamo e ci dirigiamo verso il bacino sulla dritta, ci sono due grossi cargo a dritta e un pontile in cemento galleggiante vuoto. Non siamo sicuri al 100%
che sia quello giusto, ma ci proviamo, giro di 180 gradi, prua verso l’uscita
e ormeggio al lato di dritta.
C’è una gran colonnina
per la luce, ma mi sembra un po’ esagerata per barche da diporto, in più non
c’è nessuna indicazione sul pagamento, c’è però un cartello con un numero di
telefono che dice di chiamare in caso serva aiuto. Chiamiamo e rispondono,
ci meravigliamo sempre, perché in Norvegia chiamavamo a destra e a manca e
nessuno rispondeva mai. Ci dicono che siamo sul
pontile sbagliato e dobbiamo muoverci nel bacino più a est, gentilissimi e
credo ci vedano con una telecamera.
Molliamo gli ormeggi e andiamo nell’altro bacino, dove, a parte un motoscafo, il resto è praticamente vuoto. Che bellezza questi porti della costa ovest!
Ci ormeggiamo e andiamo
a fare due passi. Anche qui, attorno al bacino sono cresciuti vari ristoranti
vari negozi, camminando poi un 2-300 metri si scavalcano le grandi dune di
sabbia e si arriva al mare, e una spiaggia che corre per millanta chilometri,
solo il verde delle dune dietro, il mare, il sole, tanta gente che fa’ kite o
prende in spiaggia il debole solino, ma il posto è immenso e non c’è pericolo
di darsi fastidio uno con l’altro.
Al ritorno decidiamo per
un ristorantino semplice con qualche velleità di cibi italiani, prendiamo due
porzioni di chips che dobbiamo specificare due volte che assolutamente non le
vogliamo con su il parmigiano grattugiato come da menu e una pizza margherita
che ci divideremo, poi le immancabili Tuborg classic alla spina. Le patate non male, la
pizza…fortuna che avevamo fame se no era dura da mandare giù.
Siamo però estasiati
dall’intervento architettonico che hanno operato con l’inserimento anche qui di
una fascia turistica all’interno di un grosso porto commerciale.
Hvide Sande
12 luglio 2025. Hvide Sande to Esbjerg, 42 miglia
55º 28.9183 N 008º 24.5929 E
Vento da nord ovest/nord
sostenuto, forza 4-5 a tratti a 6. Decidiamo per genoa tangonato senza randa,
per via che il vento si muoverà da nord ovest verso nord, mettendoci da gran
lasco a poppa piena.
Issiamo deriva e si fila
tranquilli come su una monorotaia, fino al traverso del faro e delle secche di
Blaavandshuk quando dopo aver strambato e issato randa cominciamo a stringere
per arrivare al lungo canale di entrata del porto di Esbjerg.
Il vento rinforza a foza
6. A forza di stringere ci troviamo dapprima di bolina stretta poi imboccato il
canale, vento sul naso, in più siamo alle Sizigie e la marea sta’ uscendo, un
bordello.
Avanziamo a 2.5 nodi, di
più non ce n'è, ce ne stiamo ben vicini alle boe verdi del canale perché in
entrata c’è del naviglio, poco prima del curvone ci supera appena in tempo un
enorme traghetto.
Il vento continua a
buffare anche troppo per i nostri gusti, leggiamo 24, 25 nodi di prua con la nostra
velocità ora scesa a 2 nodi scarsi, significano 22, 23 nodi, per manovrare all’interno
del piccolo marina, con la difficoltà che non hanno un pontile per gli arrivi,
ma solo finger in cui bisogna individuare un piccolo cartellino esposto se è verde si può ormeggiare, se rosso non si può.
L’aggravante che sui
finger esterni non c’è mai posto, bisogna quindi infilarsi nel corridoio tra
due pontili, sperando poi di trovare un posto libero verde, se no ci si ritrova
con 22 nodi che spingono al traverso, a quel punto ogni manovra per tornare
indietro è destinata a fallire e il vento abbattendoci la prua ci spingerà inesorabilmente verso le barche di sottovento.
Entriamo e sul primo
pontile vedo un paio di persone, gli do’ una voce chiedendo se vedono dei
cartellini verdi dall’altra parte del pontile, prima che ci infiliamo,
capiscono alla prima e ci dicono di andare di fianco alla loro barca che il
posto è verde.
Avrei preferito nell’altro
pontile opposto ed ormeggiare con prua al vento, ma meglio un uovo oggi che una
gallina domani e ci infiliamo con il vento che tenderà a spingerci contro il
pontile.
Manovra perfetta, mi
infilo nello stretto spazio tra il finger e un'altra barca, poi si mettono in 3
persone per aiutarci a fermare la barca, scendo al volo e con lo spring la
fermo definitivamente, uffff, anche questa volta è andata, senza fare danni.
I nostri vicini di
barche sono delle persone gentilissime e amichevoli, ci diranno poi la storia
delle loro barche a motore vintage e uno di loro l’indomani ci accompagnerà a fare gasolio al distributore, non essendoci nessuna pompa nel marina. Davvero delle persone
ammirevoli, amo la Danimarca e Esbjerg.







































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