venerdì 18 luglio 2025

Verso sud on the run

 By Angelo 

Foto Antonella

Dopo aver raggiunto i 60º 46. 57 di latitudine nord in Norvegia, ci si ponevano diversi interrogativi, uno di questi era se continuare verso nord o no.

Il continuare verso nord e verso le Lofoten, dopo aver sentito i racconti dell’orrore di chi ci era stato, vedi migliaia di persone trasportate da navi da crociera, centinaia di camper, decine e decine di persone trasportate giornalmente dalla vicina Bodoe, senza contare gli innumerevoli velisti stranieri che avevamo incontrato con l’unico obbiettivo di raggiungere l’ex paradiso perduto ormai diventato solo merce commerciale, a quel punto ci siamo detti: “ma noi che ci andiamo a fare in quel bordello ?”

Probabilmente bisogna andarci fuori stagione, o addirittura d’inverno.

L’andare poi così a nord comporterebbe anche dover lasciare la barca per i 7 mesi invernali in qualche marina al freddo e al gelo, anche qui dal racconto di un Ovnista francese che aveva lasciato la barca in secco, tornato dopo 7 mesi con antenna vhf scardinata da qualche tempesta, estraendo anche il cavo che arrotolandosi gli aveva fatto fuori sensore del vento, luci di navigazione e tutto il resto che gli veniva sottomano, trovata la barca con 200 litri di acqua all’interno, mi ha spiegato la dinamica, ma non ci ho capito molto, comunque questi sono i rischi di lasciare la barca in secco fuori.

L’alternativa sarebbe stata metterla all’interno disalberando, ma a parte la fucilata del costo c’è il problema che tutti i vari cantieri sono pieni a tappo da anni ed è molto difficile trovare posto all’interno.

A parte il serio rischio di danneggiare la barca, noi non abbiamo mai lasciato la barca da qualche parte se non per un mese, mai per così lungo tempo, anche perché ci siamo davvero affezionati e anche durante l’inverno ci piace averla vicino per navigarci e  fare manutenzione.

Per qualche tempo avevamo pensato all' eventualità di attraversare sulle Shetland per poi tornare via Scozia ecc.

Nelle due settimane in cui pensavamo ad un crossing ci sono stati treni di basse pressioni risalenti la costa ovest UK che ce ne hanno fatto passare la voglia.

Non per ultimo sono praticamente 5 mesi che navighiamo nel nord, cosa non facile e impegnativa e forse per l’età, ma cominciamo a sentire la stanchezza, fermo restando che il nostro target era di arrivare e visitare il sud della Norvegia desiderata da svariati anni, e lo abbiamo raggiunto in pieno.

Onestamente ci è piaciuta, ma non ci ha  impressionato, a parte il primo impatto molto bello a vedere tutti sti posti con le casine ecc. dopo un po’ abbiamo realizzato che su 5 milioni di norvegesi, questi hanno come minimo 8 milioni di doppie case spargugliate dappertutto, quindi anche in posti remoti ci si trova sempre con qualche casa con annesso motoscafino tra i piedi. Naturalmente dove ci sono case servono strade, ponti, cavi elettrici, traghetti ecc. e come minimo 6 milioni di motoscafini che se ne vanno sempre in giro a rompere i gabasisi.

Diciamo che preferiamo posti un po’ più selvaggi, naturalmente anche il meteo non aiuta, un giorno di sole e una settimana di pioggia o nuvolo. 

Si trovano pontili e piccole marine a pagamento a poco prezzo un po’ dappertutto,  gli ancoraggi non sono così semplici, di solito sono profondi e sempre con rocce intorno. È vero che hanno anche degli anelli sulle rocce dove, previa calata dell’ancora a poppa ci si può ormeggiare di prua, ma funziona solo in baie bullet proof, per nostra esperienza in caso di vento trasversale si è nei pasticci, naturalmente le baie bullet proof normalmente sono già piene da norvegesi che passeranno tranquillamente  molti giorni all'ormeggio.

Dopo questo pippone e dopo due mesi di navigazione in Norvegia, alla fine ci siamo convinti che era ora di tornare, visto che avremo almeno altri due mesi di navigazione non facile, considerando il canale della Manica, la Normandia e la Bretagna.

E così abbiamo ripreso la via verso sud passando dalla selvaggia e complicata costa della Danimarca, anche se ci continuano a dire che quella “giusta” è la costa est, a noi piace molto la ovest, dove sono stati ricavati dei mini marina rustici in grandi porti pescherecci e centinaia e centinaia di spiagge infinite. Ci sembra di vedere e scoprire di più la vera Danimarca, quando avremo tempo poi faremo con calma la costa est e la Svezia.

Riassumendo dai 60º 46.9537 N    004º 42.7334 E

25 giugno. Da Fedje a Uttoska 13 miglia

60º 39.3483 N            004º 56.4767 E

Decidiamo di spostarci un po’ verso sud, visto che le previsioni meteo sono pessime e di traversare sulle Shetland non è proprio allettante.

Decidiamo una tappa breve se pur con vento alle portanti, abbiamo letto di questa baia, osannata con dei bei percorsi a piedi, cosa che ci attira.

Arriviamo all’imbocco dell’entrata, e districarsi tra sti scoglietti non è proprio cosa semplice, considerando che il vento ci disturba.

Arriviamo alla baia finale e vediamo che in fondo c’è un piccolo moletto con già un motoschifo ormeggiato, pensiamo di andargli di poppa e ormeggiarci all’inglese.

Purtroppo il vento ci spinge lontano dal pontile e la manovra non riesce, o meglio riuscirebbe se quel energumeno del motoscafaro al posto di godersi la scena al calduccio fosse venuto a prenderci una cima, ma ormai siamo abituati, in Norvegia non fa’ parte dell’etichetta del navigatore aiutare agli ormeggi. Vabbè, niente di grave, ce ne andiamo al centro della baia e caliamo l’ancora, anche con 18/19 nodi di vento la Rocna non fa’ una piega.

A terra vicino al pontile c’è un capanno con delle indicazioni, scendiamo col dinghy, sperando in qualche cartina esplicativa, visto che questo fa’ parte del parco nazionale. Non c’eè una beneamata fava, ci sono i soliti recinti per le pecore e vediamo una scaletta per scavalcarli.

Passiamo di là ma non c’è nessun sentiero, solo fondo molto soffice dove se non si sta’ attenti si affonda fino alla caviglia nell’acqua.

Saltellando qua e là per non inzupparci riusciamo a fare un paio di chilometri scarsi, poi gliela diamo su e ce ne torniamo in barca; mica tanto organizzati con sti sentieri.

 

 

 Uttoska, il pontile e il capanno con l'area picnic

 






 

 Uttoska, qui si vede il terreno che circonda la baia

 

26 giugno. Da Uttoska a Herdla 8 miglia

60º 34.0944 N            004º 57.3491 E

Tappa breve per il meteo sempre discutibile, almeno nella pioggerella c’è vento sempre da nord ovest e in un attimo siamo a Herdla.

Dietro di noi un mini barchino di un ragazzo inglese.

Eppure qualcuno naviga ancora con coraggio e/o incoscienza, ma con tanta passione.

Abbiamo conosciuto Matthew, un ragazzo inglese giovane simpatico e solare  nel piccolo porticciolo rustico di Herdla  poco sopra Bergen. Porticciolo rustico di quelli che ci si ormeggia gratis al molo di cemento con copertoni da camion come parabordi e per fortuna solo 1.5 metri di marea, per noi una bella asse davanti ai nostri parabordi per non essere risucchiati all’interno del copertone.

Matthew ha un barchino di 26 piedi comprato 5 anni fa’ da un amico del nonno in Danimarca per 500 euro. Dopo avergli sostituito le vele, non molto altro da farci se non navigare nel grandissimo frastagliamento di isole tra Svezia Danimarca e Norvegia.

Il barchino è del 1968, ma tenuto bene, una lunga lista di quello che non ha e una corta lista di quello che ha.

Non ha :  AIS, radio VHFfisso o portatile, motore, zattera di salvataggio, un cartografico, uno spray hood, rullafiocco, le draglie, un autopilota.

Quello che ha: 3 ancore di cui un' ottima Rocna da 10 kg, un telefono con dentro la cartografia, che con un velcro  attacca dove serve,  un importante timer che gli permette di fare turni di 15 minuti; come ausilio al timone sistema le scotte delle vele sulla barra con un elastico e a sua detta tiene molto bene la rotta, un piccolissimo pannello solare con una piccola batteria che serve ad alimentare il telefonino e le luci di navigazione. Randa e fiocco ingarrocciato, più una trinchetta.

Dopo aver passato 5 anni nel freddo e gironzolando in Scandinavia, è arrivato alla conclusione che con quel barchino è meglio andare nel caldo.

E così si prepara ad attraversare sulle Shetland, per poi scendere via Scozia, attraversare il canale della Manica e stando molto largo in Atlantico fare una diretta dall’Inghilterra alla Corugna.

Abbiamo notato in questi giorni che, con l’occasione di una amica che lo era venuto a trovare, non ha nessuna difficoltà a partire dal molo e tornarci a vela, ma altra storia navigare in mare aperto, con una barca con bordo così basso. Lui sembra ben deciso e tranquillo con il suo low budget, il suo maglione che ha visto tempi migliori, sempre in giro con degli stivaloni di gomma, insomma quasi una figura mitica in questi tempi di super consumismo, con barche  sempre più grandi con sempre meno gente a bordo, sempre più parcheggiate in qualche marina, aggiungendo sempre più pici poci più o meno inutili, per essere poi rimirati per le 50 settimane che non navigano e apprezzati per quelle scarne due settimane all’anno smotorando in qua e in la.

Per capire un po’ meglio va’ inquadrato anche il contesto di navigazione, stiamo parlando di navigazioni a 60 gradi latitudine nord, nel Mar del Nord, che pur essendo ufficialmente estate ha temperature giornaliere di 14, 15 gradi che crollano a 6, 7 gradi appena entrano venti dai settori nord.

Pur pensando che non sarei capace di andare in giro in quella maniera, almeno non ora e alla mia età, forse alla sua età sembra piu’ interessante e possibile.

In definitiva, non posso fare a meno di ammirarlo per la semplicità e l’entrare in sintonia profondamente con  questo grande mare spazzato dai venti, sempre però con grande rispetto e cautela.

L’isola anche se piovosa all’inverosimile è bella, con passeggiate sulle strade per fortuna semideserte.

Herdla, il porto


 La barca di Matthew

 





 
                                                  VAYU II la barca di Matthew

 

Herdla,  la honesty box

 


 

 

 


Herdla, il museo della WWII e dell'occupazione tedesca



 Il porticciolo militare 

 






 

29 giugno. Da Herdla a Strusshamn 18 miglia

60º 24.0169 N            005º 12.5403 E

L’idea era di scendere dall’Herdlefjorden, passare davanti a Bergen, non fermarsi per non incorrere nei soliti diecimila turisti della cruising ship e continuare verso sud.

Ma non era cosa, dopo un oretta che eravamo partiti, masticando un pezzo di pane il dente che era stato riparato provvisoriamente a Le Havre, ha deciso che era arrivato al capolinea a e se ne è spezzato la metà, per fortuna senza dolore. Abbiamo quindi deciso di non andare ad ormeggiarci nel girone infernale di Bergen, ma trovare posto in un piccolo marina nell’isola di fronte, ben collegata con Bergen dai mezzi.

Troviamo posto nel piccolo marina tra i locals che si godono le ferie cominciate a mid summer con la chiusura delle scuole.

Riusciamo a fissare un appuntamento con una clinica dentale internazionale a Bergen per il giorno dopo, anche perché le cliniche locali ci avevano dato tutte picche, non so se per una chiusura totale allo straniero o forse semplicemente non si fanno dei gran soldi riparando temporaneamente un dente.

La mattina prendiamo l’autobus che ci porta al terminal del traghetto e con lo stesso biglietto ci facciamo traghettare a Bergen.

Ho usato il termine traghettare perché mi é venuto in mente Caronte quando traghetta Dante all’inferno, e così è quando sbarchiamo.

Non essendo i ristoranti norvegesi proprio popolari e in più hanno dei prezzi inavvicinabili, facciamo un breve spuntino in un pub Irlandese con tanto di musica dal vivo e con una bella Guinness e una quiche Lorraine, non esattamente un pranzo norvegese ma di sicuro molto gustato.

Nella clinica internazionale ci sono solo dentisti e dentiste entrati probabilmente come rifugiati, che ora operano come dentisti…sperema ben. Joseph è un palestinese di Nazaret, speriamo bene. In 10 minuti fa’ il lavoro di cementazione, speriamo che duri fino almeno al ritorno a casa.

Ci visitiamo un po’ Bergen, ma a parte il porto con i moli in cemento con ruote da camion dove va ad ormeggiarsi tutto il tipo di naviglio, dalle navi da crociera, ai supply dei pozzi petroliferi, ai traghetti e dulcis in fundo, le barche a vela, miiii. Che marina delizioso, per fortuna ce ne siamo rimasti a Strusshamn.

 

 Verso Strusshamn

 

Bergen 

 Bergen, il molo del diporto e  il vecchio quartiere di Brygge sullo sfondo










 
 

Il pub irlandese con i musicisti

 

Bergen. Gli antichi edifici  della Lega Anseatica, lega commerciale delle città dell'Europa settentrionale e del Mar Baltico nel medioevo.
 

1 luglio 2025 Da Strusshamn a Brandasund 35 miglia

59º 53.7218 N            005º 05.5166 E

A Strusshamn abbiamo conosciuto Pierre e Miriam con un Ovni 385 e andando anche loro verso sud si è deciso di muoverci di conserva insieme.

Partiamo quasi alla stessa ora, poco vento e ci si aiuta con il motore. Ad un certo punto loro ci superano, ci teniamo in contatto con il vhf e con il telefono. Loro prendono la decisione di fermarsi per la notte a Bekkiarvik, noi decidiamo di proseguire altre 13 miglia fino a Brandasund per trovarci l’indomani finalmente in mare aperto e finalmente navigare.

Le ultime due ore il vento sale e rinforza, l’ingresso a Brandasund passa sotto un ponte e cavi alta tensione alti 24 metri e una gran strettoia che aumenta l’intensità del vento. Arriviamo ai due pontili mezzi scassati di Brandasund, sembra un posto proveniente dal passato, con il negozio di alimentari  con sopra l’abitazione del gestore, un vecchietto con il suo bel maglione norvegese attorniato da due bei gattoni rossi.

La  sosta troppo presto di Pierre e Miriam, circa 13 miglia prima di noi, in qualche maniera li farà gradualmente perdere acqua nei nostri confronti fino a trovarsi in sistema meteo diversi e rimarranno indietro centinaia di miglia. Qua quando c’è il vento giusto bisogna pedalare, pedalare e pedalare, ci si ferma quando il vento gira sul naso.

 

Partenza da Strusshamn

Pollen, l'altro Ovni francese che parte insieme a noi

 

Ingresso a Brandasund 

 

 





 


 
 


Passeggiata a Brandasund







2 luglio 2025 Brandasund to Skudeneshavn,  56 miglia

59º 08.7110 N            005º 15.4903 E

Tappa lunghetta, ma abbiamo un gran bel vento alle portanti e dulcis in fundo, finalmente torniamo a navigare in oceano e non più a ridosso da sti montagnoni, che sì, ridossano dal mare, ma deflettendo il vento non ci si capisce mai una mazza.

Usciamo dal fiordo e ci attendono 2 metri di onda, non subito facile all’inizio, si fa’ presto a perdere l’abitudine, ma dopo un po’ ci si abitua al ritmo.

Il vento picchia dal gran lasco forza 5-6 con punte a 7, si va’ di solo genoa, su di deriva  e si vola, il sole ci assiste per una buona parte.

Prima dell’arrivo a Skudeneshavn arrivano raffiche rabbiose anche a 30 nodi, riduciamo un po’ e piano piano andiamo a ridosso.

Entriamo in quella che pomposamente viene anche chiamata Venezia della Norvegia, il lungo canale e arriviamo in fondo dove c’è un piccolo bacino per le barche visitors.

Ma dopo Mid Summer i norvegesi sono fuori in forze, tre quarti motoscafoni e un paio di barche a vela, fino a tre in andana, non fa’ per noi, sembra di entrare in un ovile.

Ce ne torniamo indietro lungo il canale guardando se c’è qualche possibilità anche contro i copertoni, ma è tutto ballonato.

Mi viene però in mente che all’entrata, nell’altro bacino avevo visto un pontile galleggiante con colonnine elettriche, detto fatto, attraversiamo un altro bacino e ci andiamo ad ormeggiare contro vento al pontile semideserto. Proprio vero che la gente va’ dove c’è la gente…per fortuna per noi, così possiamo trovare queste piccole perle. Pagamento con la honesty box, acqua e luce ai 21 euro canonici.

 

 

                               Honesty box a Skudeneshavn , betalher significa "paga qui".

 

La spiaggia a Skudeneshavn

 

3 luglio 2025 Da Skudeneshavn to Rausvagen  55 miglia

58º 25.9572 N        005º 54.2772 E

Da Skudeneshavn il vento ci da’ ancora buono alle portanti, filiamo tutto il giorno per poi rallentare verso il pomeriggio  con prove di issata gennaker, che però con raffiche a 24-25 di apparente ci hanno fatto ammainare e continuare con solo genoa.

Abbiamo trovato una baia per ancorarci, non abbiamo idea di come sia, entriamo da uno stretto passaggio e la baia anche se piccola è molto bella, a parte la solita sfilza di casette su rocce e motoscafini annessi.

 




 
Rausvagen
 
Rausvagen
 

4 luglio 2025 Rausvagen to Farsund  43 miglia

58º 05.4029 N            006º 48.5126 E

Sono ormai 4 giorni che pedaliamo, abbiamo bisogno di una piccola tregua e di fare provviste, un po’ di gasolio e una lavatrice, decidiamo quindi di fermarci al piccolo marina di Farsund che conosciamo per esserci stati all’andata ed ha tutti i requisiti per quello che dobbiamo fare.

 

 

Farsund

 




6 luglio 2025 Da Farsund alla baia di  Skernoy 35 miglia

57º 59.7402 N            007º 32.7109 E

Fermi il 5 luglio ma mica tanto riposati, considerando anche che ha piovuto praticamente tutto il giorno e fare spesa, lavanderia e gasolio sotto l’acqua non è che sia proprio riposante.

Volevamo andare ad ancorare nella baia di Skernoy, dove le indicazioni davano fondo da 10 metri, ma arrivati lì il fondo da 10 metri era solo a 5 metri da riva, se no bisognava stare nei 20 metri probabilmente con fondo roccioso, insomma una ciofeca con anche indicazioni sbagliate.

Ci riduciamo a tornare indietro contro vento per 6, 7 miglia fino ad una baia aperta sotto Mandal, ma almeno fondo di 4.5 metri sabbioso.




6 luglio, partenza da Farsund








Capo Lindenes

 

 Tramonto all'ancora

 

7 luglio. Dalla baia sotto Mandal alla baia di Flekkeroy 24 miglia

58º 04.7944 N            008º 00.3045 E

Vento a favore, che ci permette di fare bene le 24 miglia.

Anche qui le informazioni sui diversi ancoraggi dell’isola di Flekkeroeya, sono molto aleatorie e abbastanza inventate, ci infiliamo in uno stretto passaggio per trovarci in una mini baia con gran traffico di motoscafi di ogni fattezza, 23 metri di fondo, dove a dare le canoniche 3 lunghezze di catene minima si finisce direttamente a rocce.

Proviamo altri due posti sempre osannati, ma non ce n'è, alla fine ci ridurremo ad ancoraggi davanti alla marea di pontili privati dietro un isolotto in 10 metri, all’issata di ancora la mattina, un' accozzaglia di pezzi di ferro gomma ecc, tant'e’ che per un attimo mi era preso un accidente e pensavo di aver beccato un cavo immerso, che da queste parti tra cavi elettrici, cavi internet, pipe line, riducono drasticamente i vari posti dove si può ancorare.

 


 

 

8 luglio 2025 Flekkeroy to Hanstholm 60 miglia

57º 07.2673 N            008º 35.8082 E

Buon vento da nord est forza 5-6, purtroppo mare a seguire onda da 1.5 a 3 metri al traverso, via che si va’, la giornata è gloriosa sole splendente, randa piena e fiocco a filare.

Giusto al confine virtuale delle acque territoriali tra Norvegia e Danimarca veniamo circondati da un branco di delfini, molto grandi che ci accompagnano per almeno un quarto d'ora con salti acrobatici, uno spettacolo molto gradito che ci fa dimenticare delle fatiche.

Arriviamo all’immenso porto di Hanstholm, forse uno dei più grossi porti  pescherecci della Danimarca con i suoi 6 bacini di ormeggio.

Non ha nessuna struttura per barche da diporto, solo enormi moli con gomme da camion come parabordi.

Telefoniamo il giorno prima all’Harbour master e gentilissimo ci dice che siamo i benvenuti e che ci possiamo ormeggiare dove troviamo posto dentro al bacino N.6. Che bella la Danimarca, che quando chiami qualcuno al telefono risponde con gentilezza.

Filiamo come treni, ma al centro del crossing le onde aumentano di altezza, si arriva tranquillamente ai 3 metri e forse più, siamo un po’ preoccupati, considerando l’equazione che un' onda al traverso alta un terzo della lunghezza della barca potrebbe farla scuffiare, cominciamo ad avvicinarci troppo a quel limite.

Arriviamo in prossimità degli enormi moli e il mare spinge, anche se l’entrata è larga, è difficile tenere la barca in linea, controllando anche il vario traffico in e out degli enormi pescherecci d’altura.

Sballottati riusciamo ad infilare i due moli esterni più grandi per poi infilarci nei due moli più piccoli ed entrare nella calma totale di mare, ma non di vento che continua a buffare.

Chiamiamo l’Harbourmaster sul canale 12 e ci da’ il benvenuto dirigendoci al bacino N.6.

Troviamo un buco tra due pescherecci, ci avviciniamo all’enorme molo con prua al vento e con tutti i parabordi sulla dritta compreso il grosso parabordo a palla residuo della Patagonia, per non strisciare troppo sui copertoni.

Arriviamo giusti, scendo al volo usando come scaletta un copertone, fisso la cima di prua e siamo fermi poi con calma gli spring e la poppa.

Non c’è acqua e luce, ma chi se ne frega, siamo qui per una notte ed è gratis.

Saremo un po’ strani, ma a noi questi posti piacciono, una ragione in più che abbiamo scelto la costa ovest della Danimarca al posto di quella est.

 


                                I delfini ci accompagnano al confine tra Norvegia e Danimarca


 

Hanstholm

 

 

9 luglio 2025 Hanstholm to Thyboron  30 miglia

56º 41.7627 N            008º 13.3395 E

Abbiamo ancora vento di prua e siamo incastrati tra due pescherecci, uno a prua e uno a poppa, poco male, mettiamo uno spring a prua, motore avanti con timone a dritta e la poppa si allontana dal molo e siamo fuori dal buco, appena metto la marcia indietro, Antonella molla il doppino di prua e siamo fuori.

Il mare per fortuna si è dato una calmata, il vento è girato da ovest forza 4-5 noi scendiamo per circa 180 gradi, su di randa e genoa e comincia la bolina a ferro.

Stiamo paralleli alla costa, i fondali sono bassi, noi stiamo sui 10-12 metri, praticamente vediamo bene la gente in spiaggia.

Quando siamo così stretti di bolina, l’autopilota fa’ fatica, perché avendo delle variazioni di 6-7 gradi per bordo tende sempre ad orzare e sventare per poi poggiare ecc.. ma non è che faccia bene alla navigazione. Allora entra in gioco SuperAntonella, la timoniera senza frontiere.

A dir la verità, un po’ per il vento freschino e siamo un po’ stanchi facciamo turni di un oretta ciascuno, cercando di non finire in spiaggia. Alla fine è anche piacevole, catturare il vento e cercare di non andare a raccogliere la sabbia in spiaggia.

Non essendoci stati ed avendo visto il porto prima, anche Thyboron è un grande porto peschereccio, però leggiamo che l’ultimo bacino è riservato per barche da diporto.

Arriviamo al bacino e si sono organizzati con delle briccole  in legno collegate a terra da delle funi, in maniera che chi va’ all’ormeggio una volta infilate le briccole appoggiandosi alle funi non finisce addosso alle altre barche.

I posti sono stati pensati per grandi barche almeno da 17- 18 metri, ciò significa che le briccole sono molto distanti dal molo di cemento.

Bisogna infilarsi, far passare le due cime di poppa nelle briccole e poi piano piano arrivare con la prua al molo per ormeggiarsi con le cime di prua alle bitte a terra.

Naturalmente abbiamo vento laterale sui 17-18 nodi, entriamo, riesco a mettere le cime di poppa, ma in quel momento perdiamo l’abbrivio e la barca si appoggia alla cima di dritta.

Per fortuna i danesi sono un po’ più gentili dei norvegesi e il vicino scatta sul molo, gli lancio la cima di prua sopravento, la fissa alla bitta e in un attimo ci tiriamo verso il molo, poi con calma sistemiamo tutte le cime. Pagamento sempre via applicazione, luce inclusa, una volta pagato alla macchinetta rilascia un adesivo con la data da applicare al pulpito di prua.

Intorno al bacino si sono organizzati con qualche ristorantino e gelaterie, siamo affamati dalla lunga giornata di bolina, scendiamo con ancora tutto che ci gira, ci dirigiamo verso un bel posto alla buona dove cucinano pesce, due fish and chips, due pinte di Tuborg e la vita ci torna a sorridere.

 

Ormeggio a Thyboron

 


 

I contenitori dei rifiuti a Thyboron

 

 







 

 

11 luglio 2025 Thyboron to Hvide Sande  42 miglia

56º 00.0910 N            008º 07.5989 E

Poco vento forza 2, corrente a favore e ci si aiuta con il motore.

Ci è piaciuto molto Thyboron con la sua integrazione di un piccolo marina dentro un enorme porto peschereccio, non sappiamo cosa aspettarci dal prossimo porto Hvide Sande, altro grosso porto peschereccio e commerciale, con inclusa una diga che se aperta da' accesso ad un grande lago.

Le poche informazioni che riusciamo a trovare ci indicano come approdo il bacino a dritta verso ovest, entriamo e ci dirigiamo verso il bacino sulla dritta, ci sono due grossi cargo a dritta e un pontile in cemento galleggiante vuoto. Non siamo sicuri al 100% che sia quello giusto, ma ci proviamo, giro di 180 gradi, prua verso l’uscita e ormeggio al lato di dritta.

C’è una gran colonnina per la luce, ma mi sembra un po’ esagerata per barche da diporto, in più non c’è nessuna indicazione sul pagamento, c’è però un cartello con un numero di telefono che dice di chiamare in caso serva aiuto. Chiamiamo e rispondono, ci meravigliamo sempre, perché in Norvegia chiamavamo a destra e a manca e nessuno rispondeva mai. Ci dicono che siamo sul pontile sbagliato e dobbiamo muoverci nel bacino più a est, gentilissimi e credo ci vedano con una telecamera.

Molliamo gli ormeggi e andiamo nell’altro bacino, dove, a parte un motoscafo, il resto è praticamente vuoto. Che bellezza questi porti della costa ovest!

Ci ormeggiamo e andiamo a fare due passi. Anche qui, attorno al bacino sono cresciuti vari ristoranti vari negozi, camminando poi un 2-300 metri si scavalcano le grandi dune di sabbia e si arriva al mare, e una spiaggia che corre per millanta chilometri, solo il verde delle dune dietro, il mare, il sole, tanta gente che fa’ kite o prende in spiaggia il debole solino, ma il posto è immenso e non c’è pericolo di darsi fastidio uno con l’altro.

Al ritorno decidiamo per un ristorantino semplice con qualche velleità di cibi italiani, prendiamo due porzioni di chips che dobbiamo specificare due volte che assolutamente non le vogliamo con su il parmigiano grattugiato come da menu e una pizza margherita che ci divideremo, poi le immancabili Tuborg classic alla spina. Le patate non male, la pizza…fortuna che avevamo fame se no era dura da mandare giù.

Siamo però estasiati dall’intervento architettonico che hanno operato con l’inserimento anche qui di una fascia turistica all’interno di un grosso porto commerciale.

 

I bunker tedeschi della WWII lungo la costa danese nei pressi di Thyboron
 





 

  Hvide Sande 

 















 

 

12 luglio 2025. Hvide Sande to Esbjerg,   42 miglia

55º 28.9183 N            008º 24.5929 E

Vento da nord ovest/nord sostenuto, forza 4-5 a tratti a 6. Decidiamo per genoa tangonato senza randa, per via che il vento si muoverà da nord ovest verso nord, mettendoci da gran lasco a poppa piena.

Issiamo deriva e si fila tranquilli come su una monorotaia, fino al traverso del faro e delle secche di Blaavandshuk quando dopo aver strambato e issato randa cominciamo a stringere per arrivare al lungo canale di entrata del porto di Esbjerg.

Il vento rinforza a foza 6. A forza di stringere ci troviamo dapprima di bolina stretta poi imboccato il canale, vento sul naso, in più siamo alle Sizigie e la marea sta’ uscendo, un bordello.

Avanziamo a 2.5 nodi, di più non ce n'è, ce ne stiamo ben vicini alle boe verdi del canale perché in entrata c’è del naviglio, poco prima del curvone ci supera appena in tempo un enorme traghetto.

Il vento continua a buffare anche troppo per i nostri gusti, leggiamo 24, 25 nodi di prua con la nostra velocità ora scesa a 2 nodi scarsi, significano 22, 23 nodi, per manovrare all’interno del piccolo marina, con la difficoltà che non hanno un pontile per gli arrivi, ma solo finger in cui bisogna individuare un piccolo cartellino esposto se è verde si può ormeggiare, se rosso non si può.

L’aggravante che sui finger esterni non c’è mai posto, bisogna quindi infilarsi nel corridoio tra due pontili, sperando poi di trovare un posto libero verde, se no ci si ritrova con 22 nodi che spingono al traverso, a quel punto ogni manovra per tornare indietro è destinata a fallire e il vento abbattendoci la prua ci spingerà inesorabilmente verso le barche di sottovento.

Entriamo e sul primo pontile vedo un paio di persone, gli do’ una voce chiedendo se vedono dei cartellini verdi dall’altra parte del pontile, prima che ci infiliamo, capiscono alla prima e ci dicono di andare di fianco alla loro barca che il posto è verde.

Avrei preferito nell’altro pontile opposto ed ormeggiare con prua al vento, ma meglio un uovo oggi che una gallina domani e ci infiliamo con il vento che tenderà a spingerci contro il pontile.

Manovra perfetta, mi infilo nello stretto spazio tra il finger e un'altra barca, poi si mettono in 3 persone per aiutarci a fermare la barca, scendo al volo e con lo spring la fermo definitivamente, uffff, anche questa volta è andata, senza fare danni.

I nostri vicini di barche sono delle persone gentilissime e amichevoli, ci diranno poi la storia delle loro barche a motore vintage e uno di loro l’indomani ci accompagnerà a fare gasolio al distributore, non essendoci nessuna pompa nel marina. Davvero delle persone ammirevoli, amo la Danimarca e Esbjerg.

 

 

 

Esbjerg, le barche vintage dei vicini

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 







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