sabato 8 giugno 2013

Sud Sicilia e isole. Dettagli e impressioni

Scritto da Antonella

12 maggio


IL BIMINI


Dopo varie sperimentazioni, dall'asciugamano al semplice telo di copertura sul timoniere, all'apparato a strisce circense o da chiostro della piadina, per proteggersi dal sole durante gli ancoraggi estivi e dopo aver osservato attentamente diverse possibili strutture su altre barche,  siamo finalmente arrivati alla progettazione e realizzazione - grazie alla disponibilità di una abile artigiana tedesca a Malta-  di un BIMINI su Stranizza.
L'abbiamo finalmente montato e non mi sembra vero!!!!!
L'abbiamo inaugurato in questo viaggio a Siracusa












con un pranzo in pozzetto insieme a Nick.
Dimenticavo di dire che il bimini è composto da due parti: una struttura di metallo (acciaio nella fattispecie)  fissata alla barca e richiudibile e la parte in tela che si può togliere.
Sinceramente sono un po' preoccupata che il tutto tenga con una eventuale ventata improvvisa, ma questo fa parte delle mie preoccupazioni costanti in barca a vela, che cerco puntualmente di superare e risolvere ponendo un'azione.

Qui di seguito la versione precedente del  bimini stile piadina circense, fai da te (Stranizza nel 2005):





Qui sotto invece l'esempio di spunto da altre barche (Zacinto 2012)





IL MERCATO DI SIRACUSA…… A PROPOSITO DI PAURE E TENSIONI.

13 Maggio lunedì: esperienza mistica al mercato.

Il programma era che Angelo andava in giro con Nick a prendere le cozze e altro e io al mercato a prendere frutta verdura, ma soprattutto Alici .
Il mercato di Siracusa è stato un’ emozione forte. Primo perchè nella migliore tradizione araba e sicula è d’obbligo contrattare e io sto cominciando ora timidamente a rilanciare sul prezzo. Secondo per essere bene attenta a non farmi fregare sulla merce, terzo perchè i venditori sono formidabili urlatori e i rumori forti mi hanno sempre spaventata. Altra aggravante, non ho per niente idea di che faccia abbia il pesce fresco. E in più nella mia ignoranza mi chiedevo segretamente se le alici erano la stessa cosa  delle acciughe. Io le acciughe le ho sempre viste in barattolo e non ho idea di come siano appena pescate. Mi sentivo come il personaggio Catarella di Montalbano, continuando a chiedermi mentalmente se alici e acciughe erano la stessa cosa. Non mi azzardavo a chiederlo ai venditori per timore che mi appioppassero qualcosaltro per cui ho adottato il piano B: chiedere direttamente alici . Oltretutto pensavo di trovarlo scritto sulle cassette di pesce ma l’unico esemplare che poteva essere un piccolo pesce azzurro era indicato come “ Mascolino”!
Ho scoperto poi Mascolino è il nome dialettale di un tipo di alice!
Se devo essere sincera neanche al mercato di Labuan, in Malesia ero così preoccupata!

Grida, odori, colori forti e vita. Il pesce poi mi impressiona sempre: i banchi di pesce con questi  corpi lacerati. Tonni, pesci spada messi in mostra in modo  così semplice e diretto.
Una diffusa passione per il cibo e i sapori forti.




















Piano piano sto scoprendo  la magia della Sicilia  con i suoi forti contrasti e  la sua storia potente.
Piano piano capisco sempre di più perché Bologna  e dintorni, mi  hanno sempre dato quel senso di tristezza e depressione: è tutto grigio e piatto, senza vita, tutto amorfo, offuscato da una nebbia che ottunde.
Qui in Sicilia improvvisamente diventa tutto chiaro. La presenza ancora viva di greci, arabi e normanni, una terra abitata fin dall’antichità e da tempi remoti, il senso del sacro.

Le tragedie al teatro greco con la presenza di scolaresche di adolescenti in gita,  ha riempito i nostri sogni di strane vicende. ( Un modo gentile per dire che le scolaresche sono un incubo?).
Navigare, il contatto con la solitudine del mare, ci rende sensibili ai bagni di folla. Non sopportiamo molto stare troppo tempo in mezzo alla gente. 



SIRACUSA turning point.

L’itinerario  di partenza  di questo viaggio erano TUTTE le isole della Sicilia, ma l’incertezza del tempo e degli approdi ci ha fatto  rivedere il percorso per una soluzione più lineare: costa Sud della Sicilia, Pantelleria, Lampedusa e se riusciamo anche Linosa.
Tutto è cominciato con l’assidua lettura di ogni tipo di previsione meteo.
Inoltre la difficoltà degli spostamenti ci fa pensare a un computer più maneggevole da trasportare.
Dopo aver dato un’occhiata alle previsioni, abbiamo pensato a una possibile soluzione in previsione di vento e mare mercoledì e giovedì.
La barca all’ancora non è come una macchina parcheggiata che puoi raggiungere in qualsiasi momento devi SEMPRE tener conto di come è il mare, soprattutto quando si ha un tender di piccole dimensioni come il nostro.
D’altra parte non abbiamo  nessuna voglia di andare al marina a farci sbatacchiare dall’ondina a pagamento. Dopo il giro di perlustrazione nella zona ridossata della baia di Siracusa alla fine non ci siamo mossi dall’ancoraggio e siamo rimasti in barca a farci rollare dall’onda di risacca.
Finalmente il venerdì il tempo si rimette buono e partiamo alle 6 con vari piani sulla carta e alcune tappe segnate. Navigare è molto meglio di stare fermi a farsi rollare.
Salpiamo da Siracusa  accompagnati da un odore di cipressi fino al Capo Murro di Porco, e poi oltre quasi fino a Capo Passero. Questo profumo di conifere molto aromatico misto all’odore della terra lo sentiremo spesso in avvicinamento ai porti e alle isole.
La rotta è Sud SudOvest , si ritorna in direzione Capo Passero, verso la costa meridionale della Sicilia invece che  verso lo Stretto di Messina come da programma iniziale.
Le tappe possibili sono Porto Palo poi Marina di Ragusa, più probabile perché abbiamo urgente necessità di acqua dolce: serbatoio, doccia e lavare la barca coperta da uno strato di sabbia portata dallo scirocco e dalla pioggia.

Alle 8 circa un gruppo di delfini ci viene a salutare giocando sotto la nostra prua.

I problemi con le perdite d’acqua – anche se in modo minore  e il non funzionamento dello scaldabagno persistono.
In più si tappato anche il lavabo e ci aspetta un’altra sosta con riparazione e ricerca dei pezzi di ricambio.

Arriviamo di notte a Licata  - sempre accompagnati dal profumo di conifere-  direttamente da Siracusa, navigando lungo costa inesorabilmente a motore con poco vento. Per fortuna qui i fanali funzionano, la luna tramonta proprio al nostro arrivo ed è tutto ben illuminato dalle luci del porto. Il marina nuovo fiammante, con poca gente, ben attrezzato, bello e accogliente e soprattutto gratis.
Continua lo scirocco con un cielo grigio e una cortina di foschia che crea una strana luce e una strana atmosfera.

Licata:Marina Cala del Sole, i vasi a forma di teste in terracotta sul tetto dei bagni.

Il giorno dopo a Licata ci scambiano tutti per stranieri, rivolgendosi a noi direttamente in inglese e complimentandosi per come parliamo bene l’italiano.
Forse, dopo tanti giorni in barca, il nostro aspetto non è molto curato e in questo  siamo diversi dal modello dell’italiano medio con abiti firmati e più vicini ai velisti giramondo  inglesi, francesi e tedeschi.
E’ una buffa situazione, ma in fondo io e Angelo ci siamo sempre sentiti stranieri anche quando abitavamo nella nostra città natale.

Nonostante il cambio di percorso, sono sempre preoccupata per le isole.
Ci siamo procurati le PAGINE AZZURRE a Siracusa e ci siamo studiati i vari pianetti dei porti in questione e mi da tutto un gran senso di precario.  Il concetto di porto sicuro è complesso e sono rari i porti che possono essere definiti tali.  
Per esempio Linosa è un’ incognita e non è possibile prenderla in considerazione come tappa intermedia.
Pantelleria è accessibile solo di giorno e quindi  bisogna calcolare il più possibile il tempo per arrivare e entrare. ( Poi scopriremo che anche a Pantelleria come a Marzamemi i fanali di ingresso sono spenti!).

Dopo aver controllato i vari bollettini, decidiamo di partire lunedì, scartando l’opzione di rimanere un giorno in più o proseguire lungo la costa per andare a visitare i templi di Agrigento.
Il tempo incalza e non vogliamo aspettare troppo la finestra buona per il lungo viaggio per Pantelleria.
Non sappiamo bene cosa ci riservi la notte, ma abbiamo comunque davanti molte ore con poco vento e siccome siamo in barca e vogliamo navigare e vogliamo anche allenarci per lunghi tragitti accettiamo la sfida e in ogni caso bisogna prepararsi.
Una volta partiti, due incontri con i delfini, i primi più grandi i secondi più piccoli.






I delfini!

IL COLORE DELLA NOTTE 


.... Era una notte buia e tempestosa
Un mare nero d’inchiostro. Anche se non eravamo sicuri, un po’ ce lo aspettavamo il maltempo, che è arrivato per tenerci ben svegli fino alla fine, giusto dopo tutti gli incroci impegnativi con i vari cargo e pescherecci, un  bel temporalone con vento forte e fulmini.

Dopo una tranquilla navigazione durante tutta la giornata – poco vento e tanto motore- cala la sera, ci consola e rischiara una luna quasi piena subito coperta dalle nubi che non fanno presagire niente di buono. Scommesse su chi avvista l’isola per primo. Con la luna nascosta tra le nubi il mare diventa nero di inchiostro.
Come se  noi e la nostra barchetta navigassimo in un gigantesco calamaio pieno di inchiostro nero lucido e liquido. Il cielo è grigio compatto.
Ad un certo punto scrutando l’orizzonte per controllare le navi in transito, vedo una serie di luci in fila con una più alta.
Mi sembra un gioiello luccicante in un mare di nero.  Controllo il cartografico e alla fine è lei, la perla nera del Mediterraneo. D’ora in avanti il nero ci accompagnerà con infinite varianti per tutto il soggiorno sull’isola.
Il cielo si inscurisce sempre più e iniziamo a vedere in lontananza il bagliore dei fulmini che tinge il cielo per alcuni attimi  di giallo chiaro, lilla e rosa pallido.
Non ho mai visto un temporale così chiaramente in un orizzonte così vasto è un spettacolo impressionante e una emozione fortissima.

Il temporale si calma prima dell’alba –per fortuna-. Il cielo alle prime luci è ancora coperto di nubi grigie e bluastre. In avvicinamento all’isola arriva l’odore ormai familiare di pini, cipressi, e  erbe aromatiche. L’isola è avvolta da un po’ di foschia e il verde della vegetazione risalta con la terra e rocce nere.

All’arrivo in porto, verso le 8 e trenta del mattino, un altro spettacolo, l’imponente castello nero  di origine normanna  che si riflette nell’acqua color metallo. 

Pantelleria: il castello in pietra vulcanica








Stranizza ormeggiata all'inglese al Porto Vecchio di Pantelleria.
Dietro le barche dei francesi che sistemano ormeggi e parabordi.


.... Roccia vulcanica

Una signora gentile  di una barca ormeggiata ci prende le cime e ci aiuta nell’ormeggio. Per fortuna perché siamo esausti e io non avevo più le forze per sistemare le cime.
Nei giorni seguenti ci becchiamo in porto, vento fortissimo e mare forza 9- 10 che crea un onda terribile di risacca in porto. Lo spettacolo delle onde fuori è impressionante.
Il molo del Porto Vecchio non è per niente sicuro in queste condizioni.

Pantelleria: vista del Porto con le barche ormeggiate sullo sfondo. A sinistra si intravedono i massi affioranti del cosiddetto porto fenicio romano o non si sa bene di chi. Qualche maligno dice che non c'è niente di archeologico in quei massi e che è solo una scusa per non spostarli di li.





I famosi capperi di Pantelleria






Le "favare" 
Le favare sono fuoriuscite di vapore dalla terra. Il fumo che si vede dietro di noi e l'odore di zolfo.


Paesaggio intorno alle "favare" 

Paesaggio irreale a atmosfera da "Pick nick a Hanging Rock". Davanti a questo scenario eravamo letteralmente incantati e pensavamo di essere soli li in cima anche perché si arriva attraverso un sentiero scosceso. Ad un certo punto sono apparsi i francesi della barca ormeggiata vicino a noi chiedendoci informazioni sul cammino!!!!  



Si oscura la vallata e si comincia a ballare

A Pantelleria non esiste un marina e l’unica area realmente ridossata è quella commerciale dove un cantiere nautico privato mette a disposizione degli ormeggi in banchina a pagamento.

Anche in questo caso no comment sullo stato di incuria di molti porti italiani e la difficoltà per  i diportisti.







Il mare ancora mosso all'ingresso del porto di Pantelleria. Le onde frangono in prossimità della secca parallela all'ingresso.



Pantelleria dietro di noi.




Dopo 3 giorni di sussulti spruzzi, urti, parabordi sgonfiati e cime consumate, al primo segnale di bel tempo molliamo gli ormeggi alla volta di  Lampedusa.
Meglio la navigazione che lo stress da ormeggio scomodo e insicuro, anche se non avremo molto vento.

DA PANTELLERIA A  LAMPEDUSA

In questa seconda lunga navigazione, anche se in questo caso siamo quasi certi che non ci aspetta nessun temporale o perturbazione,  provo sempre una certa tensione  e sono sempre all’erta scrutando il cielo.
Poco dopo la partenza avvistiamo una tartaruga  al largo di Pantelleria.

Il vento è si debole ma è contrario e a volte anche il mare, quindi iniziamo il viaggio a motore.
Durante la notte, con la luna piena,  c’è un chiarore abbagliante che traspare anche attraverso le nubi che si muovono velocemente. Passiamo un momento di terrore alla vista di fulmini in lontananza. Per fortuna la nostra preoccupazione se ne va insieme ai fulmini in un’altra direzione.
Finalmente al mattino il vento cambia a favore, ma  è solo dopo esserci liberati – per fortuna rapidamente- da una gomena che decidiamo di andare finalmente a vela per le ultime miglia. Il profumo dei cipressi arriva puntuale,  ma siamo impegnati a contrastare vento e mare per goderci vista e olfatto.

I colori di Lampedusa sono solari: gialli e ocra in contrasto con il blu turchese  e cobalto del mare.

Per vari motivi l’arrivo a Lampedusa mi sembra surreale.
Forse anche il contrasto con Pantelleria, silenziosa, misteriosa, selvaggia e scura.
Pantelleria è un’isola vulcanica, mentre Lampedusa è una punta emersa del continente africano,  come la sua madre terra  deprivata dalla vegetazione originaria dagli esseri umani e resa un altopiano brullo e riarso con una vegetazione bassa e qualche arbusto.

L’impressione di Lampedusa è di grande caos, a partire dal traffico di pescherecci, alla quantità esagerata di mezzi delle forze dell’ordine, finanza, carabinieri, capitaneria, elicotteri che sorvolano.
Anche il porto è un caos  di ormeggi.
Lampedusa: vista del porto.

Per stare tranquilli abbiamo contattato un sedicente marina indicato sulle Pagine Azzurre.  Alla fine i pontili non erano quelli indicati nel pianetto ma altri un po’ arrangiati e al nostro arrivo ancora da finire  e del marina c’erano solo i suddetti pontili, senza acqua, senza luce e senza bagni più l’ondina fetente della risacca a poppa . Un tormento che ci ha spinto a cercare subito un’alternativa.






Il pontile in via di sistemazione dopo il nostro arrivo.



Il marina finto. 


Ci siamo trovati al mattino sul pontile di fianco alla nostra barca dopo il nostro arrivo, una comitiva di pescatori riminesi in trasferta per pescare nel porto di Lampedusa!?!

Un sacco di turisti in giro, molti italiani e anche stranieri.
Un’atmosfera terribile da luogo cresciuto in fretta col turismo, pieno di bar, ristoranti, alberghi, residence, negozi di souvenir, noleggio auto moto.
Tanti cani, tante macchine, tanti pescatori, tanti turisti e i velisti francesi.

La via principale del centro di Lampedusa è turistica nel senso peggiore del termine.
Quello che ci ha un po’ consolato in mezzo a questo caos è la sede dell’Archivio Storico di Lampedusa, associazione che ha lo scopo  di valorizzare  e preservare quello che resta dei monumenti  e della  storia di Lampedusa, che come Malta è stata abitata nell’antichità e aveva  i suoi monoliti  e le sue necropoli bellamente ignorati e in parte distrutti e depredati.



La via centrale di Lampedusa



Qui mi hanno indicato di imbucare le cartoline, mi chiedo se arriveranno.






Non avendo nessuna voglia di affrontare un ristorante, ma avendo tanta voglia di pesce, siamo andati in pescheria. E questo è il risultato: Spaghetti agli scampi. Scampi indimenticabili. (Grazie ad Angelo)

A Lampedusa  il latte fresco non si trova,  se non è arrivata la nave.
Come in altre piccole  isole è tutto o quasi importato.
Però ho avuto modo di trovare qualcosa di locale e insieme straordinario.
Una mattina uscendo dal piccolo supermercato un po’ rassegnata per non aver trovato la ricotta, mi sono imbattuta in un omino con una carriola che vendeva ricotta e formaggi freschi per strada.



Le bellissime spiagge di Lampedusa, sono trasformate in piccole Rimini, carnai con ombrelloni.
Questa volta non avevamo nessuna  voglia di affittare un motorino e abbiamo deciso di camminare  cercando degli angoli di mare tranquilli. Così siamo arrivati all’altro capo del porto dove si trova la Porta d’ Europa, un monumento moderno realizzato da Mimmo Paladino -scultore napoletano contemporaneo- in memoria dei migranti morti in mare alla ricerca di una vita migliore.
In una piccola insenatura scogliosa li vicino ci siamo bagnati – l’acqua era gelata e il mare mosso- L’ abbiamo chiamato il bagno del clandestino.




Lampedusa: la Porta d'Europa di Mimmo Paladino


Anche nella piazza principale del paese c’è una scultura di un artista contemporaneo Giò Pomodoro. La scultura è circondata dai vecchietti  seduti nella migliore delle tradizioni del Sud Italia.

















Il viaggio di ritorno da Lampedusa ci riserva due  belle sorprese. 
L’avvistamento di ben cinque tartarughe e un tramonto spettacolare in vista di Gozo.








Di ritorno a casa, abbiamo avuto in regalo quest'altro tramonto( visto dalla finestra ).