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domenica 27 luglio 2014

Maceio


Durante lo studio del percorso sul portolano del Brasile, la foto nella pagina di Maceio, unico approdo  nello stato di Alagoas, saltava fuori come un richiamo; il pescatore seduto sulla barca ci scrutava con uno sguardo intenso.
Noi rileggevamo l’approdo più volte cercando una sosta nella tratta tra Cabedelo e Salvador e ogni volta lo scartavamo per l’insicurezza del ridosso dai venti da Sud e la scarsa attrattiva del porto.
A Porto de Suape, dopo una dura tappa di bolina, abbiamo deciso di fermarci comunque anche solo per accorciare la distanza da Salvador da 400 miglia a circa 300.
Confesso che l’ idea  che avevo del Brasile e del Sud America era di un posto inospitale come approdi e pericoloso per le persone. Noi ricchi europei contro la povertà del Sud America. Per fortuna mi sto rendendo  conto che gli approdi non sono poi così terribili, che i fiumi sono posti tranquilli e con qualche accortezza si viaggia  abbastanza sicuri.
Come dicevo la foto sul portolano ritraeva una spiaggia con barche  tradizionali e noi ci immaginavamo un  villaggetto di pescatori.
Arrivando di notte, con le luci abbaglianti della città  il profilo dei grattacieli e il traffico di navi,  e il  grande molo, ci siamo resi conto che Maceio è un porto industriale prima di tutto e una metropoli.




Al mattino, guardandosi intorno  verso la spiaggia, c’erano le barche di legno dei pescatori,  una gran quantità di rifiuti di plastica che galleggiavano intorno a noi  e sulle zattere con i teli anti-inquinamento  una gran quantità di garzette bianche. 







Sulla riva le baracche dei pescatori, alghe e  sporcizia e gli “ urubu” grandi rapaci neri simili agli avvoltoi che si nutrono di carogne che banchettano tra i rifiuti.
Maceio è diventato un punto  di svolta dove abbiamo capito delle cose, molte cose direi su di noi   e sul nostro viaggio che si sta veramente rivelando anche un  viaggio alla scoperta di noi stessi.

A Maceio dovevamo fare  la spesa e gasolio  e siamo atterrati con il tender a motore in una scomoda situazione. Arrivati bagnati sulla strada, non sapendo dove mettere il cellulare per non bagnarlo, l’ho messo in una tasca da dove poi è scivolato.

Al supermercato non l’avevo più, una tragedia, mi sono sentita  un’incapace irresponsabile e per un attimo ero paralizzata in stato di shock. Poi è successo un miracolo, Angelo stava per arrabbiarsi ma poi è andato oltre e abbiamo pensato a come risolvere il problema. 
La perdita del cellulare ci ha costretto a trovare una soluzione facendoci interagire con le persone. Con l’aiuto del taxista all’uscita del supermercato, siamo arrivati in barca grazie a una barca a remi. Mentre l’uomo remava io mi guardavo intorno e pensavo a questa gente che vive poveramente, ma che si muove con una grande agilità e con dei mezzi semplici, senza tecnologia e improvvisamente ho pensato che in fondo un cellulare non è poi così importante.
Molti dicono che il Brasile è un paese di contrasti e in qualche modo questi contrasti sono anche nei colori: le barche , le case , la gente colorata in contrasto con il cielo grigio e il nero di umidità sui muri.
La zona del porto e dei pescatori è sporca e piena di rifiuti di plastica, dalla parte opposta, sul lato nord c’è una spiaggia con l’acqua cristallina chiamata piscina naturale dove si fanno sport acquatici e le spiagge sono pulitissime e attrezzate, un paradiso. 
Le eleganti garzette bianche e i neri inquietanti urubu.





 Ancorati nell'area vietata  di fianco al molo




 Angelo e Danilo che sistemano l'ancora di poppa







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