12 maggio
IL BIMINI
Dopo varie sperimentazioni, dall'asciugamano al semplice telo di copertura sul timoniere, all'apparato a strisce circense o da chiostro della piadina, per proteggersi dal sole durante gli ancoraggi estivi e dopo aver osservato attentamente diverse possibili strutture su altre barche, siamo finalmente arrivati alla progettazione e realizzazione - grazie alla disponibilità di una abile artigiana tedesca a Malta- di un BIMINI su Stranizza.
L'abbiamo finalmente montato e non mi sembra vero!!!!!
L'abbiamo inaugurato in questo viaggio a Siracusa
con un pranzo in pozzetto insieme a Nick.
Dimenticavo di dire che il bimini è composto da due parti: una struttura di metallo (acciaio nella fattispecie) fissata alla barca e richiudibile e la parte in tela che si può togliere.
Sinceramente sono un po' preoccupata che il tutto tenga con una eventuale ventata improvvisa, ma questo fa parte delle mie preoccupazioni costanti in barca a vela, che cerco puntualmente di superare e risolvere ponendo un'azione.
Qui di seguito la versione precedente del bimini stile piadina circense, fai da te (Stranizza nel 2005):
Qui sotto invece l'esempio di spunto da altre barche (Zacinto 2012)
IL MERCATO DI SIRACUSA…… A PROPOSITO DI PAURE E TENSIONI.
13 Maggio lunedì: esperienza mistica al mercato.
Il programma era che Angelo andava in giro con Nick a
prendere le cozze e altro e io al mercato a prendere frutta verdura, ma
soprattutto Alici .
Il mercato di Siracusa è stato un’ emozione forte. Primo
perchè nella migliore tradizione araba e sicula è d’obbligo contrattare e io
sto cominciando ora timidamente a rilanciare sul prezzo. Secondo per essere
bene attenta a non farmi fregare sulla merce, terzo perchè i venditori sono
formidabili urlatori e i rumori forti mi hanno sempre spaventata. Altra
aggravante, non ho per niente idea di che faccia abbia il pesce fresco. E in
più nella mia ignoranza mi chiedevo segretamente se le alici erano la stessa
cosa delle acciughe. Io le
acciughe le ho sempre viste in barattolo e non ho idea di come siano appena
pescate. Mi sentivo come il personaggio Catarella di Montalbano, continuando a
chiedermi mentalmente se alici e acciughe erano la stessa cosa. Non mi
azzardavo a chiederlo ai venditori per timore che mi appioppassero qualcosaltro
per cui ho adottato il piano B: chiedere direttamente alici . Oltretutto
pensavo di trovarlo scritto sulle cassette di pesce ma l’unico esemplare che
poteva essere un piccolo pesce azzurro era indicato come “ Mascolino”!
Ho scoperto poi Mascolino è il nome dialettale di un tipo di alice!
Ho scoperto poi Mascolino è il nome dialettale di un tipo di alice!
Se devo essere sincera neanche al mercato di Labuan, in
Malesia ero così preoccupata!
Grida, odori, colori forti e vita. Il pesce poi mi
impressiona sempre: i banchi di pesce con questi corpi lacerati. Tonni, pesci spada messi in mostra in
modo così semplice e diretto.
Una diffusa passione per il cibo e i sapori forti.
Una diffusa passione per il cibo e i sapori forti.
Piano piano sto
scoprendo la magia della
Sicilia con i suoi forti contrasti
e la sua storia potente.
Piano piano
capisco sempre di più perché Bologna
e dintorni, mi hanno sempre
dato quel senso di tristezza e depressione: è tutto grigio e piatto, senza vita,
tutto amorfo, offuscato da una nebbia che ottunde.
Qui in Sicilia
improvvisamente diventa tutto chiaro. La presenza ancora viva di greci, arabi e
normanni, una terra abitata fin dall’antichità e da tempi remoti, il senso del
sacro.
Le tragedie al
teatro greco con la presenza di scolaresche di adolescenti in gita, ha riempito
i nostri sogni di strane vicende. ( Un modo gentile per dire che le scolaresche
sono un incubo?).
Navigare, il
contatto con la solitudine del mare, ci rende sensibili ai bagni di folla. Non
sopportiamo molto stare troppo tempo in mezzo alla gente.
SIRACUSA turning point.
L’itinerario di partenza di questo viaggio erano TUTTE le isole della Sicilia, ma
l’incertezza del tempo e degli approdi ci ha fatto rivedere il percorso per una soluzione più lineare: costa
Sud della Sicilia, Pantelleria, Lampedusa e se riusciamo anche Linosa.
Tutto è cominciato con
l’assidua lettura di ogni tipo di previsione meteo.
Inoltre la difficoltà
degli spostamenti ci fa pensare a un computer più maneggevole da trasportare.
Dopo aver dato
un’occhiata alle previsioni, abbiamo pensato a una possibile soluzione in
previsione di vento e mare mercoledì e giovedì.
La barca all’ancora non
è come una macchina parcheggiata che puoi raggiungere in qualsiasi momento devi
SEMPRE tener conto di come è il mare, soprattutto quando si ha un tender di
piccole dimensioni come il nostro.
D’altra parte non
abbiamo nessuna voglia di andare
al marina a farci sbatacchiare dall’ondina a pagamento. Dopo il giro di
perlustrazione nella zona ridossata della baia di Siracusa alla fine non ci
siamo mossi dall’ancoraggio e siamo rimasti in barca a farci rollare dall’onda
di risacca.
Finalmente il venerdì il
tempo si rimette buono e partiamo alle 6 con vari piani sulla carta e alcune
tappe segnate. Navigare è molto meglio di stare fermi a farsi rollare.
Salpiamo da
Siracusa accompagnati da un odore
di cipressi fino al Capo Murro di Porco, e poi oltre quasi fino a Capo Passero.
Questo profumo di conifere molto aromatico misto all’odore della terra lo
sentiremo spesso in avvicinamento ai porti e alle isole.
La rotta è Sud SudOvest
, si ritorna in direzione Capo Passero, verso la costa meridionale della
Sicilia invece che verso lo
Stretto di Messina come da programma iniziale.
Le tappe possibili sono
Porto Palo poi Marina di Ragusa, più probabile perché abbiamo urgente necessità
di acqua dolce: serbatoio, doccia e lavare la barca coperta da uno strato di
sabbia portata dallo scirocco e dalla pioggia.
Alle 8 circa un gruppo
di delfini ci viene a salutare giocando sotto la nostra prua.
I problemi con le
perdite d’acqua – anche se in modo minore
e il non funzionamento dello scaldabagno persistono.
In più si tappato anche
il lavabo e ci aspetta un’altra sosta con riparazione e ricerca dei pezzi di
ricambio.
Arriviamo di notte a
Licata - sempre accompagnati dal profumo di conifere- direttamente da Siracusa, navigando lungo costa inesorabilmente a motore
con poco vento. Per fortuna qui i fanali funzionano, la luna tramonta proprio
al nostro arrivo ed è tutto ben illuminato dalle luci del porto. Il marina
nuovo fiammante, con poca gente, ben attrezzato, bello e accogliente e
soprattutto gratis.
Continua lo scirocco con
un cielo grigio e una cortina di foschia che crea una strana luce e una strana
atmosfera.
Licata:Marina Cala del Sole, i vasi a forma di teste in terracotta sul tetto dei bagni.
Il giorno dopo a Licata ci scambiano tutti per stranieri, rivolgendosi a noi direttamente in inglese e complimentandosi per come parliamo bene l’italiano.
Forse, dopo tanti giorni
in barca, il nostro aspetto non è molto curato e in questo siamo diversi dal modello dell’italiano
medio con abiti firmati e più vicini ai velisti giramondo inglesi, francesi e tedeschi.
E’ una buffa situazione,
ma in fondo io e Angelo ci siamo sempre sentiti stranieri anche quando
abitavamo nella nostra città natale.
Nonostante il cambio di
percorso, sono sempre preoccupata per le isole.
Ci siamo procurati le
PAGINE AZZURRE a Siracusa e ci siamo studiati i vari pianetti dei porti in
questione e mi da tutto un gran senso di precario. Il concetto di porto sicuro è complesso e sono rari i porti
che possono essere definiti tali.
Per esempio Linosa è un’
incognita e non è possibile prenderla in considerazione come tappa intermedia.
Pantelleria è
accessibile solo di giorno e quindi
bisogna calcolare il più possibile il tempo per arrivare e entrare. (
Poi scopriremo che anche a Pantelleria come a Marzamemi i fanali di ingresso
sono spenti!).
Dopo aver controllato i
vari bollettini, decidiamo di partire lunedì, scartando l’opzione di rimanere
un giorno in più o proseguire lungo la costa per andare a visitare i templi di
Agrigento.
Il tempo incalza e non vogliamo aspettare troppo la finestra buona per il lungo viaggio per Pantelleria.
Il tempo incalza e non vogliamo aspettare troppo la finestra buona per il lungo viaggio per Pantelleria.
Non sappiamo bene cosa
ci riservi la notte, ma abbiamo comunque davanti molte ore con poco vento e
siccome siamo in barca e vogliamo navigare e vogliamo anche allenarci per lunghi
tragitti accettiamo la sfida e in ogni caso bisogna prepararsi.
IL COLORE DELLA NOTTE
.... Era una notte buia e tempestosa
Un mare nero
d’inchiostro. Anche se non eravamo sicuri, un po’ ce lo aspettavamo il
maltempo, che è arrivato per tenerci ben svegli fino alla fine, giusto dopo
tutti gli incroci impegnativi con i vari cargo e pescherecci, un bel temporalone con vento forte e
fulmini.
Dopo una tranquilla
navigazione durante tutta la giornata – poco vento e tanto motore- cala la
sera, ci consola e rischiara una luna quasi piena subito coperta dalle nubi che
non fanno presagire niente di buono. Scommesse su chi avvista l’isola per
primo. Con la luna nascosta tra le nubi il mare diventa nero di inchiostro.
Come se noi e la nostra barchetta navigassimo
in un gigantesco calamaio pieno di inchiostro nero lucido e liquido. Il cielo è
grigio compatto.
Ad un certo punto
scrutando l’orizzonte per controllare le navi in transito, vedo una serie di
luci in fila con una più alta.
Mi sembra un gioiello
luccicante in un mare di nero.
Controllo il cartografico e alla fine è lei, la perla nera del Mediterraneo.
D’ora in avanti il nero ci accompagnerà con infinite varianti per tutto il
soggiorno sull’isola.
Il cielo si inscurisce
sempre più e iniziamo a vedere in lontananza il bagliore dei fulmini che tinge
il cielo per alcuni attimi di
giallo chiaro, lilla e rosa pallido.
Non ho mai visto un
temporale così chiaramente in un orizzonte così vasto è un spettacolo
impressionante e una emozione fortissima.
Il temporale si calma
prima dell’alba –per fortuna-. Il cielo alle prime luci è ancora coperto di
nubi grigie e bluastre. In avvicinamento all’isola arriva l’odore ormai
familiare di pini, cipressi, e
erbe aromatiche. L’isola è avvolta da un po’ di foschia e il verde della
vegetazione risalta con la terra e rocce nere.
All’arrivo in porto,
verso le 8 e trenta del mattino, un altro spettacolo, l’imponente castello
nero di origine normanna che si riflette nell’acqua color
metallo.
Pantelleria: il castello in pietra vulcanica
Dietro le barche dei francesi che sistemano ormeggi e parabordi.
.... Roccia vulcanica
Una signora gentile di una barca ormeggiata ci prende le cime e ci aiuta nell’ormeggio. Per fortuna perché siamo esausti e io non avevo più le forze per sistemare le cime.
Nei giorni seguenti ci
becchiamo in porto, vento fortissimo e mare forza 9- 10 che crea un onda
terribile di risacca in porto. Lo spettacolo delle onde fuori è impressionante.
Il molo del Porto
Vecchio non è per niente sicuro in queste condizioni.
Pantelleria: vista del Porto con le barche ormeggiate sullo sfondo. A sinistra si intravedono i massi affioranti del cosiddetto porto fenicio romano o non si sa bene di chi. Qualche maligno dice che non c'è niente di archeologico in quei massi e che è solo una scusa per non spostarli di li.
I famosi capperi di Pantelleria
Le "favare"
Le favare sono fuoriuscite di vapore dalla terra. Il fumo che si vede dietro di noi e l'odore di zolfo.
Paesaggio intorno alle "favare"
Paesaggio irreale a atmosfera da "Pick nick a Hanging Rock". Davanti a questo scenario eravamo letteralmente incantati e pensavamo di essere soli li in cima anche perché si arriva attraverso un sentiero scosceso. Ad un certo punto sono apparsi i francesi della barca ormeggiata vicino a noi chiedendoci informazioni sul cammino!!!!
Si oscura la vallata e si comincia a ballare
A Pantelleria non esiste
un marina e l’unica area realmente ridossata è quella commerciale dove un
cantiere nautico privato mette a disposizione degli ormeggi in banchina a
pagamento.
Anche in questo caso no
comment sullo stato di incuria di molti porti italiani e la difficoltà per i diportisti.
Il mare ancora mosso all'ingresso del porto di Pantelleria. Le onde frangono in prossimità della secca parallela all'ingresso.
Pantelleria dietro di noi.
Meglio la navigazione
che lo stress da ormeggio scomodo e insicuro, anche se non avremo molto vento.
DA PANTELLERIA A LAMPEDUSA
In questa seconda lunga
navigazione, anche se in questo caso siamo quasi certi che non ci aspetta
nessun temporale o perturbazione, provo sempre una certa tensione e sono sempre all’erta scrutando il
cielo.
Poco dopo la partenza
avvistiamo una tartaruga al largo
di Pantelleria.
Il vento è si debole ma
è contrario e a volte anche il mare, quindi iniziamo il viaggio a motore.
Durante la notte, con la
luna piena, c’è un chiarore
abbagliante che traspare anche attraverso le nubi che si muovono velocemente.
Passiamo un momento di terrore alla vista di fulmini in lontananza. Per fortuna
la nostra preoccupazione se ne va insieme ai fulmini in un’altra direzione.
Finalmente al mattino il
vento cambia a favore, ma è solo
dopo esserci liberati – per fortuna rapidamente- da una gomena che decidiamo di
andare finalmente a vela per le ultime miglia. Il profumo dei cipressi arriva
puntuale, ma siamo impegnati a
contrastare vento e mare per goderci vista e olfatto.
I colori di Lampedusa
sono solari: gialli e ocra in contrasto con il blu turchese e cobalto del mare.
Per vari motivi l’arrivo
a Lampedusa mi sembra surreale.
Forse anche il contrasto
con Pantelleria, silenziosa, misteriosa, selvaggia e scura.
Pantelleria è un’isola
vulcanica, mentre Lampedusa è una punta emersa del continente africano, come la sua madre terra deprivata dalla vegetazione originaria
dagli esseri umani e resa un altopiano brullo e riarso con una vegetazione
bassa e qualche arbusto.
L’impressione di
Lampedusa è di grande caos, a partire dal traffico di pescherecci, alla
quantità esagerata di mezzi delle forze dell’ordine, finanza, carabinieri,
capitaneria, elicotteri che sorvolano.
Per stare tranquilli
abbiamo contattato un sedicente marina indicato sulle Pagine Azzurre. Alla fine i pontili non erano quelli
indicati nel pianetto ma altri un po’ arrangiati e al nostro arrivo ancora da
finire e del marina c’erano solo i
suddetti pontili, senza acqua, senza luce e senza bagni più l’ondina fetente
della risacca a poppa . Un tormento che ci ha spinto a cercare subito
un’alternativa.
Il pontile in via di sistemazione dopo il nostro arrivo.
Il marina finto.
Ci siamo trovati al mattino sul pontile di fianco alla nostra barca dopo il nostro arrivo, una comitiva di pescatori riminesi in trasferta per pescare nel porto di Lampedusa!?!
Un sacco di turisti in giro, molti italiani e anche stranieri.
Un’atmosfera terribile da luogo cresciuto in fretta col turismo, pieno di bar, ristoranti, alberghi, residence, negozi di souvenir, noleggio auto moto.
Tanti cani, tante macchine, tanti pescatori, tanti turisti e i velisti francesi.
La via principale del centro di Lampedusa è turistica nel senso peggiore del termine.
Quello che ci ha un po’ consolato in mezzo a questo caos è la sede dell’Archivio Storico di Lampedusa, associazione che ha lo scopo di valorizzare e preservare quello che resta dei monumenti e della storia di Lampedusa, che come Malta è stata abitata nell’antichità e aveva i suoi monoliti e le sue necropoli bellamente ignorati e in parte distrutti e depredati.
La via centrale di Lampedusa
Qui mi hanno indicato di imbucare le cartoline, mi chiedo se arriveranno.
Non avendo nessuna voglia di affrontare un ristorante, ma avendo tanta voglia di pesce, siamo andati in pescheria. E questo è il risultato: Spaghetti agli scampi. Scampi indimenticabili. (Grazie ad Angelo)
A Lampedusa il latte fresco non si trova, se non è arrivata la nave.
Come in altre
piccole isole è tutto o quasi
importato.
Però ho avuto modo di
trovare qualcosa di locale e insieme straordinario.
Una mattina uscendo dal
piccolo supermercato un po’ rassegnata per non aver trovato la ricotta, mi sono
imbattuta in un omino con una carriola che vendeva ricotta e formaggi freschi
per strada.
Questa volta non avevamo nessuna voglia di affittare un motorino e abbiamo deciso di camminare cercando degli angoli di mare tranquilli. Così siamo arrivati all’altro capo del porto dove si trova la Porta d’ Europa, un monumento moderno realizzato da Mimmo Paladino -scultore napoletano contemporaneo- in memoria dei migranti morti in mare alla ricerca di una vita migliore.
In una piccola
insenatura scogliosa li vicino ci siamo bagnati – l’acqua era gelata e il mare
mosso- L’ abbiamo chiamato il bagno del clandestino.
Lampedusa: la Porta d'Europa di Mimmo Paladino
L’avvistamento di ben cinque tartarughe e un tramonto spettacolare in vista di Gozo.